le schede

È necessario capire l’anima dei luoghi per saperla poi interpretare con capacità di intuizione, facendo ri-nascere una visione.

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1_Valli di Non e Sole

  • Via Giovanni Canestrini, 13 frazione Revò, 38028 Novella TN
    46.39360358489776, 11.051689482929655
    foto: Francesco Franzoi - Il fotogramma - 2020

    Anno di realizzazione: fine anni 70
    Committente: ex Comuni di Cagnò, Revò e Romallo
    Stato attuale: abbandono parziale/confronto in corso
    Proprietà attuale:
    pubblica
    Funzione/funzioni:
    piscina comunale

    Che funzione avrà in futuro: .................................................................................................... ....................................................................................................

    Cosa sappiamo: La piscina di Revò fu realizzata negli anni ‘70 a cura degli allora tre Comuni di Cagnò, Revò e Romallo. La gestione di questo tipo di strutture si rivelò da subito molto onerosa e la vita della struttura fu un susseguirsi di periodi di chiusure e riaperture. L’ultima attività significativa fu negli anni ‘80 quando, grazie all’intervento del Comprensorio, riaprì i battenti ma senza purtroppo evitare ripetute chiusure a singhiozzo. La piscina è definitivamente dichiarata chiusa dall’inzio del millennio, perché la stessa - viene affermato in delibera comunale - «presenta seri problemi strutturali, che di fatto hanno compromesso il suo utilizzo da alcuni anni». Oltre a questo, la gestione dello stabile si è sempre rivelata troppo onerosa. Sono stati elaborati svariati progetti di ristrutturazione e rifunzionalizzazione ma nessuno per ora è andato a buon fine. Tra questi anche una proposta di project financing per realizzare un centro di riabilitazione e benessere. A inizio 2023 è stato approvato dalla Giunta Comunale il progetto di conversione di destinazione d’uso di questa struttura ad asilo nido.

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    riferimenti bibliografici
    stampa locale

  • ex SS43 38010 Ton - TN
    46.25547049260845, 11.063356168709113
    foto: Paolo Benaglio - Il Fotogramma - 2020

    Anno di realizzazione: fine ‘800 - inizio ‘900 (1897)
    Committente: Domenico Dalle Case
    Stato attuale: abbandono totale. Attività cessate definitivamente nel 2005
    Proprietà attuale: privata
    Funzione/funzioni: fornace per ceramica

    Che funzione avrà in futuro: .................................................................................................... ....................................................................................................

    Cosa sappiamo: Il luogo oggi noto come “Ceramica” nel comune di Ton, all’inizio si chiamava Gaggio Grande. Fu Domenico Dalle Case a proporre il cambio nome, segno dell’importanza economica e sociale di quell’impresa. Dalle Case acquistò nel 1880 una cinquantina di ettari di tereno boschivo e coltivato a campagna dal conte Thun. Nel 1897 iniziarono i lavori e già l’anno successivo la produzione era già avviata. Le fortune della fabrica furono massime negli anni tra le due Guerre Mondiali, con l’inizio del declino negli anni del boom economico, a causa della concorrenza delle grandi fornaci veronesi e mantovane. Il colpo finale arrivò il 14 dicembre 1974, quando un’enorme frana partita dalla zona di estrazione a nord della fornace seppellì una coltre alta dai 6 agli 8 metri di circa 200 m della strada statale e distrusse, oltre la cava, anche parte del capannone industriale. Al 2005 corrisponde la data di cessazione di ogni attività produttiva ad essa collegata.

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    riferimenti bibliografici
    Aldo Corazzolla, Civiltà rurale della Val di Non, Taio, Tipografia Inama di Taio, 2006

    Marco Puccini, Ceramica: una straordinaria avventura industriale, Nos Magazine, 19/07/2021, online, https://www.nosmagazine.it/nos-approfondimento/177/0/ceramica--straordinaria-avventura-industriale.html

  • Corso Dante, 17 - 38023 Cles - TN
    46.36406339486221, 11.035059090180464
    foto: Francesco Franzoi - Il Fotogramma - 2020

    Anno di realizzazione: precedente al 1965
    Stato attuale: abbandono parziale
    Proprietà attuale: privata
    Funzione/funzioni: hotel. Set cinematografico nel 2012 per un cortometraggio (“Helicopter Club) girato insieme agli studenti del Liceo Russel.

    Che funzione avrà in futuro: .................................................................................................... ....................................................................................................

    Cosa sappiamo: Già da un primo sguardo risulta evidente come la struttura sia abbandonata da più di quarant’anni. Nonostante questo, l’immobile si conserva discretamente. Al piano terra alcuni locali sono adibiti ad uffici.

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    riferimenti bibliografici
    stampa locale

  • Località Arsio, 43, 38021 Arsio, TN
    46.42688525754031, 11.096518548119967
    foto: La voce del Trentino

    Anno di realizzazione: 1627 inizio della costruzione, poi varie modifiche fino ai giorni nostri
    Committente: Cristoforo Oliviero
    Stato attuale:
    in utilizzo per esposizioni temporanee, mostre
    Proprietà attuale: Cassa Rurale Novella e Alta Anaunia - Banca di Credito Cooperativo - Società cooperativa
    Funzione/funzioni:
    Palazzo nobiliare dei conti d’Arsio. Parte privata del convento francescano, ora sede del gruppo storico culturale “Arzberg”

    Che funzione avrà in futuro: .................................................................................................... ....................................................................................................

    Cosa sappiamo: “Nel 1587 Carlo Arsio acquistò dal Barone Fortunato Madruzzo il maso “”Broili””, una vasta proprietà agricola comprendente una casa, campi, prati e vigne, situata a valle del paese di Arsio. Nella parte a nord del podere, sotto la via Imperiale, sorse, nel 1627, il nuovo palazzo di famiglia voluto da Cristoforo Oliviero d’Arsio. La data di costruzione dell’edificio è tutt’ora scolpita nella chiave di volta dell’arco che sovrasta l’antico portone d’accesso, sotto lo stemma Arsio. Superato il portone che si apre a pochi metri dalla casa colonica, denominata in passato “”maso Broili””, si trova un ampio cortile che introduceva nel palazzo. Nei documenti questo è sempre ricordato con il nome di casa franca o palazzo Freihaus, essendo stato investito da Massimiliano arciduca d’Austria e conte del Tirolo di vari privilegi tra cui l’esenzione qualsiasi imposta ed il diritto d’asilo. Una volta estintasi la linea originale di Carlo d’Arsio, verso il 1730, l’immobile e la relativa campagna furono acquistato dal cugino Adamo d’Arsio, la cui linea familiare elesse come propria residenza il palazzo fino ai primi decenni del secolo XIX. Le date incise sulle parti lapidee ci indicano i vari restauri a cui il manufatto fu sottoposto, senza che ne fosse alterato l’aspetto esteriore. Soltanto nel 1955, dopo che nel 1932 fu venduto dall’ultima contessa d’Arsio alla provincia patavina dei P. P. Francescani Conventuali, il palazzo fu snaturato, sopraelevato e unito ad un lungo edificio a seminario che lo privarono dell’ isolamento in cui era rimasto immerso da secoli. Recentemente sottoposto a restauro, l’immobile ha riacquistato almeno esteriormente parte dello splendore di un tempo, ma all’interno stucchi e pavimenti di pregio sono quasi completamente scomparsi. Anche del giardino all’inglese, che per oltre tre secoli aveva ornato il lato verso sud-est dell’edificio, non è rimasta che la rappresentazione su qualche antica pianta topografica. Al posto del laghetto-palude situato ad un centinaio di metri a ovest dell’edificio che caratterizzava il panorama della campagna di Arsio a sud della statale, in epoca recente è sorto il moderno magazzino frigo della SABAC. Dal 2005 l’edificio è di proprietà della Cassa Rurale Novella e Alta Anaunia - Banca di Credito Cooperativo - Società cooperativa.”

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    riferimenti bibliografici
    Bruno Ruffini, L’onorata comunità di Brez, Fondo, Litotipo Anaune, 2005

    Palazzo Arzberg Freihaus, il vecchio maso “Broili” del barone Fortunato Madruzzo ad Arsio-Brez, a cura di Mirko Ceccato per Trentino cultura, approfondimento online, https://www.cultura.trentino.it/Luoghi/Tutti-i-luoghi-della-cultura/Palazzo-Arzberg-Freihaus

  • Via al Castello, Ville d’Anaunia, TN / sulla collina a est della frazione di Nanno al km 4
    46.315858870969876, 11.042937910498656

    Anno di realizzazione: Edificazione del castello in epoca barbarica - Struttura tardo romana, ricostruita in epoca romanica
    Progettista: ricostruzione verso la metà del ‘500 su disegno di Andrea Palladio - architetto rinascimentale veneto
    Stato attuale: abbandono totale
    Proprietà attuale:
    privato di interesse pubblico
    Funzione/funzioni: Opera fortificata - Residenza. Rifugio del Principe Vescovo Carlo Emanuele Madruzzo dalla pestilenza del 1658

    Che funzione avrà in futuro: .................................................................................................... ....................................................................................................

    Cosa sappiamo: “La parte più antica dell’intera struttura è la torre diroccata sul lato nord-est risalente all’epoca alto medioevale e voluta dalla famiglia Enno e il ramo familiare detto “”da Nanno””. Nel XIV secolo il castello fu infeudato dagli Spaur e nel 1391 ritornò di proprietà dei Nanno, ma dopo alcune vicessitudini che portarono l’antico edificio alla distruzione, l’edificio passò in mano ai Madruzzo. Fra il 1539 e il 1567 si iniziò la ricostruzione del castello nella forma attuale. La famiglia Madruzzo modificò radicalmente l’originario aspetto di fortilizio di Castel Nanno, trasformandolo in una residenza estiva rinascimentale a base quadrata, col mastio centrale e quattro torrette agli angoli del muro di cinta. A seguito di diversi passaggi di proprietà che spogliarono l’edificio dagli arredi e lo fecero cadere in abbandono, nel 1866 fu acquistato dallo storico Giuliani che tentò un restauro ed un recupero parziale degli arredi. Il castello venne occupato ripetutamente durante le Guerre Mondiali, subì inizi di incendio, l’incuria degli uomini e il degrado per opera della natura. Oggi castel Nanno si presenta come una residenza cinquecentesca, circondata da una cinta muraria quadrangolare con tre torrette agli angoli. L’ingresso principale si trova a Sud, al termine del viale delimitato da pioppi secolari. Dell’antico castello medievale rimane soltanto il mastio inglobato all’interno dell’edificio residenziale, che purtroppo è parzialmente crollato nel 1873.”

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    riferimenti bibliografici
    Franco A. Lancetti, Nanno Tassullo - Guida Artistica, Calliano, 1994

    Nanno nella Valle di Non - Storia e immagini del passato a cura di Unione sportiva Nanno e Comune di Nanno, Trento, 1981

  • Piazza S. Giorgio, Croviana, TN
    46.34611721900985, 10.904908753814135

    Anno di realizzazione: primi anni del XVII secolo
    Committente: Fam. Pezzen
    Proprietà attuale: privata - multiproprietà
    Funzione/funzioni: Abitazione, bar, officina meccanica, affittacamere


    Che funzione avrà in futuro: .................................................................................................... ....................................................................................................

    Cosa sappiamo: “Il castello nasce come abitazione della famiglia Pezzen, originaria della Valtellina. Nei primi anni del Seicento, dopo l’estinzione della casata, il castello venne ereditato dai conti di Terlago, poi dai Someda, dai Calvi e dai Bevilacqua. Questi ultimi lo vendettero a Carlo Cipriano Thun intorno al 1660, il quale ne rimane proprietario fino alla metà del XIX secolo. In seguito il palazzo passò di mano in mano tra alcune famglie della zona, che lo convertirono in casa rurale, alterando in maniera significativa l’assetto originale della struttura, per adeguarla alle contemporanee esigenze abitative.”

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    riferimenti bibliografici
    Aldo Gorfer, I Castelli del Trentino, Trento, Arti grafiche Saturnia, 1967, pp. 725-72

    Quirino Bezzi, La Val di Sole, Malè, Centro studi per la Val di Sole, 1975

    Alessandra Bertoldi, Gianni Faustini, Augusto Giovanni, Castelli Fortificazioni Residenze Nobili, Trento, Publilux, 2004, pp. 138-139

    Val di Sole: storia, arte, paesaggio, a cura di Salvatore Ferrari, Trento, Temi, 2004, p. 105.

  • loc. Casaline, Piano di Commezzadura, TN
    46.31800315768995, 10.823840993861275

    Anno di realizzazione: 1954-1966 (anni di attività)
    Progettista: geometra Luigi Svaizer di Malè
    Committente: impresario edile Attilio Pozzatti di Dimaro
    Stato attuale: abbandonata dal 1966
    Proprietà attuale: privato
    Funzione/funzioni: fabbrica di laterizi (ILAP - Industria Laterizi Attilio Pozzatti)

    Che funzione avrà in futuro: .................................................................................................... ....................................................................................................

    Cosa sappiamo: “Nel 1953 venne costruito a Piano un ponte sul Noce in cemento ad arcata unica in sostituzione dell’esistente in legno e si pensa anche in previsione dell’imminente costruzione della fabbrica di laterizi in località “Casaline”. Nell’autunno del 1954 infatti iniziarono i lavori per la costruzione dell’ I.L.A.P.di Piano. Il progetto elaborato dal geometra Luigi Svaizer di Malé, su commissione dell’impresario edile Attilio Pozzatti di Dimaro, trovò il pieno appoggio del segretario comunale Enrico Pancheri, del Consiglio Comunale e dell’ASUC di Piano. Per la costruzione della fabbrica la frazione di Piano mise a disposizione ventimila metri quadri di terreno a titolo gratuito e lo sfruttamento del terreno argilloso in affitto per 10 anni, su corresponsione di un canone simbolico. Il proprietario della fabbrica, che dava lavoro a 60 operai, si impegnò ad assumere il 75% della mano d’opera in loco. Il materiale argilloso era facilmente lavorabile, con buona percentuale di silice che favoriva la refrattarietà dei laterizi. L’apparato macchinario, fra i migliori sul mercato, era in grado di produrre 4 – 5 mila mattoni pieni all’ora o materiale forato umido pari a 100 quintali. Nel 1966 la fabbrica di mattoni chiuse a causa dell’esaurimento della materia prima.“

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    riferimenti bibliografici
    Turismo, a cura del Comune di Commezzadura, online, https://www.comune.commezzadura.tn.it/Territorio/Conoscere-Commezzadura/Turismo, consultato nel luglio 2023

  • Vermiglio, TN
    46.275836693309245, 10.626304216316694

    Anno di realizzazione: 1911-1913
    Progettista: Tenente Hugo Hartmann
    Costruttore: Tenente Hugo Hartmann
    Committente: Genio militare austro-ungarico - Imperiale e regio Esercito
    Stato attuale: Parzialmente distrutto, rudere
    Proprietà attuale: Comune di Vermiglio
    Funzione/funzioni: Opera corazzata per combattimento ravvicinato. Ospedale da campo “avanzato” per la linea del Tonale

    Che funzione avrà in futuro: .................................................................................................... ....................................................................................................

    Cosa sappiamo: Parte dello sbarramento della Val di Sole, Forte Mero avrebbe dovuto bloccare la strada alta che porta a Passo del Tonale. Nel 1916 fu colpito dall’artiglieria italiana che lo distrusse parzialmente rendendolo inutilizzabile in combattimento, e diventò un ospedale da campo. L’opera corazzata fu costruita per il combattimento ravvicinato, con un corpo in calcestruzzo a pianta rettangolare su due livelli. L’intero sistema era tra i più moderni, dotato di illuminazione e collegamento telefonico. Negli anni Trenta fu danneggiato dall’azione dei recuperanti e solo il fronte a valle è rimasto parzialmente integro. Prendendo parte al programma di recupero del 2008 – Sulle tracce della Grande Guerra – sono stati eseguiti lavori di pulizia della vegetazione e una messa in sicurezza che permette un parziale accesso al piano terra.

    Curiosità: Nei resti rivolti a valle è possibile vedere alcune macchie di colore con cui i soldati dell’esercito austro-ungarico cercarono di mimetizzare il forte.

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    riferimenti bibliografici
    Scheda sviluppata con la collaborazione di Marco Ferrari e Carla Colzani

    1914-1918. La grande guerra sugli altipiani di Folgaria, Lavarone, Luserna, Vezzena, Sette Comuni, M. Pasubio, M. Cimone e sugli altri fronti di guerra, a cura di Tullio Liber, Ugo Leitempergher, Andrea Kozlovic, Vicenza, Gino Rossato editore,1988

    Fernando Larcher, Folgaria Magnifica Comunità a cura del Comune di Folgaria, Trento, Publistampa Pergine, 1995

    Aldo Forrer, Guida lungo la fronte austroungarica e italiana sugli altipiani di Folgaria Lavarone Luserna e Tonezza del Cimone, Rovereto, Ed. Manfrini, 2003

    Antonio Zandonati, Passo Coe 1915-1916: la Grande Guerra sugli Altipiani, Panorama, Trento, 2004

    Fernando Larcher, Folgaria, Lavarone, Luserna: Guida agli Altipiani trentini, Trento, Euroedit, 2008

2_Valli Giudicarie e Rendena

  • Via Roma, 4/B, 38079 Tione di Trento TN
    46.033911168968956, 10.727130680873485
    foto: foto: Vincenzo Zubani - 2023

    Anno di realizzazione: 1953
    Progettista:
    ing. Mariano Beltrami
    Committente: Curia
    Stato attuale: abbandono parziale
    Proprietà attuale: Comune Tione di Trento
    Funzione/funzioni:
    cinema oratorio, sala concerti

    Che funzione avrà in futuro: .................................................................................................... ....................................................................................................

    Cosa sappiamo: Il cinema fu progettato negli anni ‘50 dall’ing.Mariano Beltrami ed è stato utilizzato con sistematicità dai giovani e dai cittadini in genere negli anni ‘70. Sul granito posto alla base della scalinata di accesso si legge ancora riportato l’anno di costruzione, il 1953. Uno dei due proprietari privati precedenti demolì il proprio pezzo (la parte in cui c’era il palcoscenico) e con il cortile lo annesse al proprio giardino. L’altro proprietario prsentò un progetto di demolizione per ricostruire un edificio residenziale in aderenza al proprio (però il progetto non fu mai realizzato).

    Curiosità: Nel 1972 ha tra l’altro ospitato un concerto che ha visto tra i partecipanti Goran Kuzminac, Alberto Beltrami e Vincenzo Zubani (estensore di queste nformazioni ed ex Sindaco di Tione).Nel corso del concerto sono stati cantati per la prima vota in valle brani di Bob Dylan, Jim Croce, Crosby, Stills, Nash& Young.

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    riferimenti bibliografici
    informazioni fornite dal geom. Vincenzo Zubani, già sindaco di Tione

  • via Giovanni Prati, Campo Lomaso, TN
    46.025090, 10.863192
    foto: foto: conventodicampo.it - 2023

    Anno di realizzazione: XVII Secolo - Inaugurazione 31 agosto 1664
    Committente: l’arciprete di Lomaso, Giovanni Pantaleone Betta
    Stato attuale: abbandono parziale dal 2005, percorso partecipativo attuato nel 2019
    Proprietà attuale: Comune di Comano Terme
    Funzione/funzioni: convento francescano, residenza privata (luogo di nascita di Giovanni Prati nel 1815), sede per sfollati, sede religiosa di proprietà della Provincia Tridentina dei Frati Minori

    Che funzione avrà in futuro: .................................................................................................... ....................................................................................................

    Cosa sappiamo: area vicina al paese ma abbastanza isolata da favorire il raccoglimento e la preghiera dei religiosi. Nelle immediate adiacenze era presente già una chiesa, dedicata ai Santi Quirico e Giulitta, risalente, stante le fonti, almeno al 1345. Probabilmente fu riedificata nel XV secolo. Fu consacrata il 27 aprile 1616 dal Vescovo suffraganeo di Trento, mons. Pietro Belli. Il Convento venne realizzato a Sud della chiesa, raccolto attorno ad un chiostro costituito da pilastri in pietra calcarea e racchiuso, a Sud e ad Est, dall’edificio vero e proprio, su due livelli. Ad Ovest si trovava un corpo di fabbrica più aperto, probabilmente loggiato, che alleggeriva l’attacco con l’architettura della chiesa. Il 31 agosto 1664 i Frati entrarono ad abitare nel Convento pur essendo già presenti a Campo dal 1662, ospitati da famiglie del luogo. Nel 1671 si costruì un’aggiunta alla chiesa verso nord e in essa furono collocati due altari. Vari altri lavori di rifinitura del convento furono eseguiti negli anni successivi; il muro di clausura fu terminato nel 1679 e sul lato ovest dello stesso nel 1725 furono costruiti i capitelli della Via Crucis. Nel 1810 il convento passò al demanio e fu poi venduto in pubblica asta alla famiglia de Prez. Fu in questo periodo che la famiglia Prati di Dasindo venne ad abitare nell’edificio del convento, avendo dovuto abbandonare la propria casa distrutta da un incendio. Qui, nel locale dell’attuale refettorio, nacque il poeta Giovanni Prati il 27 gennaio 1814. Dopo il ritorno alla normalità, il convento non fu subito riacquistato dai frati; solo un secolo più tardi si inizieranno le pratiche per riprenderne il possesso. Con l’appoggio del vescovo di Trento mons. Endrici e con l’aiuto della distinta famiglia milanese Rasini, nuova proprietaria di Castel Campo, e del farmacista dott. Vero Sartorelli, il 5 marzo 1924 si giunse alla firma del contratto di compra-vendita con la famiglia de Prez. Il 27 maggio del 1924 i frati rientrarono in forma privata nel convento finalmente riacquistato. Dopo un paziente lavoro di ristrutturazione dell’intero edificio, nel 1926 vi fu aperto il Collegio serafico e dal 1928 al 1934 si ebbe un generale restauro della chiesa. L’ala nuova verso il paese, edificata nel 1962, è stata venduta il 2 agosto 1978 al comune di Lomaso per il centro scolastico della zona. Meno di quindici anni più tardi si decise la chiusura del Collegio di Campo Lomaso e la struttura da poco costruita viene venduta al Comune di Lomaso che la convertì in scuola elementare (1977). Nel 2005 il Capitolo della Provincia Tridentina dei Frati Minori, visto il ridottissimo numero di Frati ormai qui rimasti, decise di chiudere il Convento di Campo. Il 7 marzo 2008 il Comune di Lomaso formulò una proposta di acquisto che ne garantisse l’uso pubblico e la coerenza con le finalità socio-culturali della destinazione originaria. E così dal 21 dicembre 2009, il Convento divenne di proprietà pubblica aprendo la questione della sua nuova destinazione. Nel 2018 viene attivato un percorso partecipativo con l’obiettivo di elaborare scenari di riconversione per ripensare l’ex convento francescano.

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    riferimenti bibliografici
    Remo Stenico, I Frati Minori a Campo Lomaso, Campo Lomaso 2005

    Frati Francescani, I Frati di Campolomaso nel terzo centenario della fondazione del Convento 1664-1964, Provincia Tridentina dei Frati Minori, Trento 1964

    Davide Fusari, Ipotesi di valorizzazione funzionale e architettonica dell’ex Convento Francescano di Campo Lomaso, ricerca sviluppata nell’ambito del Progetto Incipit - 5a edizione - promosso dalla Cassa Rurale Giudicarie Valsabbia Paganella, Comune di Comano Terme, 2014,

    https://www.conventodicampo.it/wp-content/uploads/2022/01/Progetto-INCIPIT-2014-ricerca-storico-geografica-sul-convento.pdf

  • loc. Marìgole, Darzo di Storo, TN
    45.854231, 10.541503
    foto: foto: campigliodolomiti.it - 2023

    Anno di realizzazione: 1900-1970
    Committente: Famiglia Corna Pellegrini
    Stato attuale:
    in ristrutturazione (parziale)
    Proprietà attuale:
    collettiva (bene di uso civico gestito da Asuc Darzo)
    Funzione/funzioni: edifici di pertinenza del cantiere minerario di estrazione e lavorazione della barite (solfato di bario), attività culturali e visite guidate per turisti

    Che funzione avrà in futuro: .................................................................................................... ....................................................................................................

    Cosa sappiamo: Nel territorio della piccola comunità di Darzo, paesino delle Giudicarie, in Valle del Chiese, posto a fondovalle a circa 400 m s.l.m. a pochi chilometri dal Lago d’Idro, sono presenti strutture edificate, testimonianza del recente passato minerario. Il fulcro si trova sulla montagna a ridosso del paese, a circa 1000 m s.l.m. in loc. Marìgole, dove fu scoperto nel 1894, da emissari di una famiglia di imprenditori lombardi, i Corna Pellegrini, un giacimento di barite (solfato di bario). Gli edifici del cantiere minerario di montagna furono costruiti appositamente, e modificati nel corso degli anni con il cambiare dei bisogni e delle modalità di estrazione e lavorazione del minerale, per permettere a decine di minatori di operare in autonomia lassù, durante tutto l’anno. Si trovano in discreto stato di conservazione: la Casa dei minatori e del capo miniera, gli opifici con le officine e le segheria, le strutture per la custodia dell’esplosivo, la stazione della teleferica per abbassare il minerale a fondovalle. Alcuni opifici sono in via di ristrutturazione, grazie a interventi di volontari, raccolta fondi tra la popolazione e il sostegno economico di enti locali e provinciali. Il sito è gestito dalla associazione Miniere Darzo aps, fondata nel 2011 per salvaguardare e valorizzare la memoria e storia mineraria locale che vi organizza, regolarmente dal 2016, visite guidate e altre attività didattiche e culturali. L’epopea mineraria della barite di Darzo che ha attraversato tre secoli ed è terminata nel 2009, anno in cui l’ultima concessione mineraria fu abbandonata per esaurimento della materia prima, ha cambiato il paesaggio fisico, sociale e culturale del territorio: sia in montagna, sia sul fondovalle. Il lascito odierno è di un patrimonio edificato rappresentativo dell’intera filiera, dalla estrazione alla lavorazione del minerale, pronto per essere commercializzato ed usato soprattutto nelle industrie delle vernici. A fondovalle, tre furono gli stabilimenti costruiti in paese dagli imprenditori minerari tra la metà degli anni Venti e Trenta del Novecento e che si trovano oggi in vario grado di conservazione. L’area della ex stabilimento Maffei, in larga parte demolito. Lo stabilimento della Società Mineraria Baritina, tutt’ora funzionante, costruito dalla Fam. Corna Pellegrini. Quello della ex Società Sigma, della Fam. Cima. Pressoché speculari nell’impianto e funzione, essi sono tutti di proprietà privata e generalmente comprendono: la stazione di arrivo della teleferica, la zona di lavaggio, cernita, macinazione, asciugatura, insaccaggio, immagazzinamento e carico/scarico sui mezzi di trasporto; le officine, gli uffici e l’abitazione del guardiano.

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    riferimenti bibliografici
    scheda sviluppata con la collaborazione di Marisa Marini - Miniere Darzo aps

    facebook.com/MiniereDarzo -

    www.minieredarzo.it/it/pubblicazioni-2

    Armani Emanuele, Beltrami Giuliano, Marini Marisa, La ricerca di un minerale prezioso. L’oro bianco di Darzo, in Paesaggi minerari del Trentino: storia e trasformazioni, a cura di Alessandro de Bertolini, Emanuela Schir, pp. 145-155, Fondazione Museo Storico del Trentino, Trento 2020

    Beltrami Giuliano, Gli uomini e le pietre. Storia delle miniere di Darzo, pp. 207, Il Chiese, Storo 2002

    Di Cobertaldo Gino, Marzolo Gentile, Il giacimento a baritina di Marigole (Darzo), in L’industria mineraria in Trentino - Alto Adige, pp. 248-258, Arti Grafiche Saturnia, Trento 1964

    Petrella Andrea, L’oro bianco di Darzo. Ritratto di un paese, pp. 150, libro con allegato DVD “Minör”, regia di Micol Cossali, documentario 44’, Fondazione Museo Storico del Trentino, Trento 2010

    Beltrami Tommaso, Sviluppo del turismo minerario in Valle del Chiese: il caso delle Miniere di Darzo, pp. 77, Università degli Studi di Trento - Dipartimento di Economia e Management, a.a. 2015-2016

    Gelmini Laura, Lavorare al buio. La vita in miniera a Darzo, pp. 106, Università degli Studi di Trento – Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a.. 2008-2009

    AA.VV., Museo Miniere di Darzo in Musei del Trentino. Guida insolita, pp. 126-127, Associazione Araba Fenice, Editoriale Programma, Treviso 2021

    https://www.youtube.com/@minieredarzo932, video e documentario

    Cossali Micol, Minör (Minatori), documentario 44’, Decima Rosa Produzioni e Provincia autonoma di Trento Servizio Attività Culturali (co-produzione), Trento 2010

    Pevarello Lorenzo, L’estrazione della barite a Darzo, documentario 50’, Fondazione Museo Storico del Trentino e Associazione di Promozione Sociale La Miniera, Trento-Darzo 2015

    Hystory Lab, Le vie della pietra. Tappa in Valle del Chiese. Le Miniere di Darzo, videodocumentario 25’, Stagione 1, Fondazione Museo Storico del Trentino, Trento 2019; “Santa Barbara, protettrice dei minatori”, videodocumentario 24’ dedicato al culto e tradizione della festa celebrata nella comunità di Darzo, in “Le vie della Pietra. Stagione 2”, un programma a cura di Alessandro De Bertolini, realizzazione 5K Videoproduction, produzione Fondazione Museo Storico del Trentino, Trento 2021

  • via Fucine, 4 - 38079 - Tione di Trento, TN
    46.033355, 10.729863
    foto: foto: GoogleMaps - 2023

    Anno di realizzazione: inizi 1900
    Committente: Giuseppe Bonomi
    Stato attuale: in liquidazione (stato fallimentare)
    Proprietà attuale: privato
    Funzione/funzioni: antica fucina e laboratorio ottone per settore maniglieria

    Che funzione avrà in futuro: .................................................................................................... ....................................................................................................

    Cosa sappiamo: Le Fonderie Bonomi sono una tra le più antiche aziende del Trentino. Originari della bresciana Lumezzane, dove da secoli è tradizione lavorare l’ottone, i Bonomi erano maestri in quest’arte sin dal lontano 1720. Agli inizi del ‘900 Giuseppe, il fondatore, trasferì a Tione di Trento la prima fonderia, detta “fusina”. La prima produzione, quella degli anni precedenti la Grande Guerra, consisteva in maniglie e manufatti d’ottone di vario genere. Interrotta durante il conflitto, venne ripresa con grande intensità a guerra finita. L’officina che dal 1923 fu portata avanti dai figli di Giuseppe (Innocente, Santo, Battista ed Antonio) conobbe una progressiva espansione tanto che, nel 1932, poteva già vantare una sessantina di dipendenti, diventando così una realtà molto importante per lo sviluppo economico dell’intera valle. Secoli di esperienza nell’arte della lavorazione dell’ottone portarono questa famiglia di imprenditori ad una nuova alleanza con la natura del luogo: la famiglia Bonomi alimentava la produzione generando energia idroelettrica delle acque del posto e, riciclando l’acqua di scarto delle lavorazioni, portava energia a tutto il paese, creando così un modello ecosostenibile che avrebbe assicurato la loro presenza in questi luoghi per gli anni a venire. Non solo veniva utilizzata l’acqua del fiume per i processi produttivi, ma l’acqua in eccesso veniva nuovamente filtrata affinché la fonte di questa ricchezza, ruscelli, fiumi e laghi - compreso il lago più grande d’Italia (Lago di Garda) - rimanessero puri come lo erano quando venne fondata la ditta secoli prima. Il lavoro della G.Bonomi & Figli inaugura uno stile modernista influenzato dalla design philosophy dello Stile Internazionale, dall’Architettura Funzionale Italiana e dal movimento globale del Bauhaus. La vita di ogni prodotto iniziava con la forgiatura a caldo o a freddo e proseguiva con la tranciatura ad alta precisione per ridurre al minimo gli sprechi di materia. Questa assoluta precisione era assicurata anche dall’utilizzo, per il tempo, di modernissime macchine computerizzate. Sia per gli stampi che per i modelli furono impiegati programmi di disegno elettronico in 3D. L’azienda negli anni entrò in crisi e viene dichiarata fallita il 28 febbraio 2020.

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    riferimenti bibliografici
    stato fallimentare riprotato in https://www.portalecreditori.it/procedura?id=rm9lyz8Z2N

    notizie storiche tratte dalla sezione Storia del sito dell’azienda G. Bonomi & Figli

  • Tione e Borgo Lares, TN
    46.026669, 10.722888
    e 46.027755, 10.725319
    foto: foto: Vincenzo Zubani - 2023

    Anno di realizzazione: 1899 e 1942
    Stato attuale: abbandonate
    Proprietà attuale: Comune Di Tione Di Trento e Azienda Servizi Municipalizzati di Tione di Trento
    Funzione/funzioni: centrale idroelettrica

    Che funzione avrà in futuro: .................................................................................................... ....................................................................................................

    Cosa sappiamo: La progettazione e la costruzione della prima centrale di “Stèle”, in sponda sinistra dell’Arnò avvenne nel 1899. Di li a poco, il 17 dicembre 1900, “sul far delle sette e 30 venivano illuminate a luce elettrica le lampadine pubbliche” (Boni). A stretto giro saranno poi costruite la centrale di Prada, nel 1934, la seconda centrale di “Prada”, sempre in sponda sinistra dell’Arnò, ma a valle di quella di “Stèle”. Nel 1959 si ebbe un salto di qualità con la costruzione della centrale “Bersaglio”, in sponda destra dell’Arnò, sul Comune di Bolbeno, con lo sfruttamento delle acque dei torrenti Aprìco e Squèro ed in seguito (negli anni ‘80) anche dell’Arnò. Questa operazione venne voluta, progettata e portata a termine dall’Azienda Elettrica di Tione che nel 1949 venne trasformata in una municipalizzata denominata Azienda Elettrica Municipalizzata (A.E.M.) per poi diventare Azienda Elettrica e Acquedotto Municipalizzati (A.E.A.M), il cui primo presidente il rag. Alfiero Andreolli. Successivamente, nel 1995, la denominazione da A.E.A.M. è stata trasformata in Azienda Servizi Municipalizzati (A.S.M.) per poter effettuare anche altri servizi. LE due centrali cessarono la loro attività la prima nel 1976, la seconda nel 1984, a seguito della relalizzazione e della messa a regime della “Bersaglio”. L’energia prodotta dalla centrale Stèle (cessata nel 1976) era pari a circa 400.000 kWh/anno, quella della centrale Prada (cessata nel 1984 di circa 800.000 kWh/anno). A Stele ci sono ancora o gruppi generatori che rappresentano una interessante testimonianza di archeologia industriale.

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    riferimenti bibliografici
    Lorenzo Cazzolli, Dall’acqua all’energia - due secoli di storia e di servizio alla nostra comunità - ASM di Tione,. Editrice Rendena 2009,

    ASM di Tione articolo online su giudicarie.com, 5 ottobre 2013, https://www.news.giudicarie.com/it/busa-di-tione/40-tione-di-trento/3124-rimessa-a-nuovo-la-centrale-idroelettrica-di-tione-in-localit%C3%A0-bersaglio-verr%C3%A0-intitolata-al-fondatore-dell-asm-alfiero-andreolli-l-inaugurazione-sabato-5-ottobre.html

3_Bassa Valsugana e Tesino

  • località Daziaro 5, Pieve Tesino, TN
    46.065640, 11.617085
    foto: foto: Roberta Re - 2022

    Anno di realizzazione: metà del XIX secolo
    Committente: Giacomo Dallemule e dal frantello Giuseppe Daziario, commercianti
    Stato attuale: solo parzialmente utilizzato dai proprietari come residenza estiva, progetto in corso per recupero grazie ai fondi del PNRR in collaborazione con il Museo Degasperi - Costituzione della Fondazione Darzio
    Proprietà attuale:
    in parte privata in parte Comune di Pieve Tesino
    Funzione/funzioni:
    esidenza signorile e scuola di lingue, matematica e commercio. La villa ha ospitato il XXX convegno degli Alpinisti Tridentini nel 190

    Che funzione avrà in futuro: .................................................................................................... ....................................................................................................

    Cosa sappiamo: Costruita da Giuseppe e Giacomo Dallemule, detti “Daziario”, che furono commercianti arricchiti grazie a dei negozi di stampe in Russia, Francia e Polonia e fondatori degli omonimi negozi a Mosca e San Pietroburgo. Quando Giuseppe decise di ritirarsi in pensione questo edificio doveva diventare una scuola di lingue, matematica e commercio, che però poi venne istituita in paese. La Villa, dal caratteristico colore rosso, ricorda per stile le costruzioni russe e anglosassoni, nonchè le ville venete del Canova. Una volta conteneva una ricca raccolte di stampe, ora trasferita a Vicenza. Costruita con una forma a ferro di cavallo, la proprietà è composta dalla villa padronale, imponente edificio a due piani in mattoni rossi con torretta centrale che funge da fondale all’insieme, dall’abitazione del custode con la scuderia, da due corpi laterali porticati ed infine dal giardino circoscritto entro i tre lati edificati. Lo spazio verde si sviluppa leggermente in pendenza ed è composto da tre differenti zone senza elementi divisori, collegate tra loro dal percorso ghiaioso che conduce alla scalinata della villa. Partendo dal cancello d’ingresso, la prima area, all’ombra di un secolare esemplare di cedro deodara, presenta un parterre costituito da due partizioni erbose con aiuole in acciottolato di forma geometrico-floreale. Proseguendo, si giunge alla zona intermedia caratterizzata da una maggiore ampiezza del prato e da una differente pavimentazione: alla ghiaia subentrano grandi lastre di pietra, con al centro una fontana rotonda circondata da una fioriera. Il terzo settore si trova in posizione sopraelevata rispetto al piano del giardino, adiacente alla villa, ed è contraddistinto da aiuole con partizioni simmetriche. Sul retro del complesso si trova ancora oggi l’orto semicircolare a scacchiera, oltre il quale si sviluppa una fitta area boscata. L’idea ha visto interesse da parte del Muse, sarebbe potuta essere connessa con Artesella e avrebbe consentito di preservare l’antico essiccatoio voluto dal senatore Luigi Carbonari, simbolo dello spirito cooperativo e di quell’economia che a Levico si affiancò in modo ottimale con l’intrapresa turistica del periodo imperial-asburgico. La Giunta provincialeha però confermato la decisione per l’abbattimento dell’edicicio per importanti criticità strutturali.

    Curiosità: Nati da genitori tesini (il padre Cristoforo Dallemule era di Castello e la mamma Anna di Pieve) i fratelli Daziaro, Giuseppe e Giacomo, sono i fondatori di una ditta che ha documentato con dovizia di particolari la storia gloriosa della ricostruzione russa post-napoleonica e molti momenti della vita dei popoli del vasto impero zarista nelle sue diverse componenti. La ditta, fondata a Mosca da Giuseppe Dallemule “Daziaro” nel 1827, è molto nota per gli indubbi successi culturali e commerciali oltre che per la ricercata qualità delle stampe ai cultori, appassionati e studiosi, con particolare riferimento al mondo russo. Il giovanissimo Giuseppe Dallemule Daziaro era, agli esordi, soprattutto un venditore ambulante con frequentazioni abituali nelle fiere e mercati, prassi che continuò anche a notorietà raggiunta. Durante un viaggio in Austria, fece conoscenza col giovane Dal Trozzo, originario della Valsugana, i cui parenti avevano un negozio a Varsavia. Tentarono l’avventura mettendosi in società e pensarono di penetrare nella vicina Russia, alla ricerca di nuovi sbocchi e migliori “piazze” ove far circolare la merce. Giunto a Mosca dopo cinque anni di vita errabonda, Giuseppe coraggiosamente aprì nel 1827 un negozio di stampe in uno dei luoghi simbolo, Piazza Lubjanka. L’iniziativa ebbe successo e Giuseppe aprì un secondo negozio a Mosca al Pont des Marechaux e nel marzo del 1838 un terzo a S. Pietroburgo, sulla prospectiva Newskj, come dice egli stesso in una lettera al fratello “in faccia del Palazzo Imperiale”, chiamando a collaborare anche il fratello minore Giacomo (bisnonno dell’ingegner Gaudenzi). Più tardi vennero aperti altri due negozi; il primo nel 1850 a Parigi, ed il secondo nel 1855 a Varsavia. Quest’ultimo, dopo cinque anni, fu ceduto ad uno degli impiegati, che poi fu costretto a liquidare a causa delle perdite conseguenti alla rivoluzione Polacca del 1863. Giacomo assunse la direzione del negozio di Parigi, 15 Boulevard des Italiens. Il negozio di Parigi rimase attivo fino al 1865, anno della morte di Giuseppe, e contemporanea cessazione dell’attività editoriale. Gli anni dal 1850 al 1865 sono sicuramente il periodo d’oro. La qualità delle stampe “fini” di gusto tipicamente “occidentale” che ritraevano soggetti russi fino ad allora più grossolanamente rappresentati, unita a una politica che potremmo definire di “marketing sociale e relazionale ante litteram” (una seppur piccola parte del ricavato delle stampe veniva assegnato all’orfanatrofio di Mosca), fanno di Giuseppe un “benefattore” e dell’attività ditta una meritoria manifestazione di vicinanza al popolo russo anche agli occhi del nuovo governo rivoluzionario. Gli eredi si radicano profondamente nella realtà russa, pur continuando a coltivare forti legami con la terra di origine, e la ditta passa di mano in mano, conservando l’insegna originaria, fino all’avvento della Rivoluzione d’ottobre. L’attività meritoria finisce, ma non la fama che rimane custodita preziosamente nei principali musei russi. Le prospettive recenti di incontri da parte della proprietà con autorevoli esponenti politici e culturali di livello provinciale, nazionale e internazionale hanno rafforzato l’idea che quanto a lungo desiderato si possa realizzare. Le premesse e i presupposti vi sono tutti, si tratta di trovare la formula più utile e sicura per rispettare le volontà dello scomparso ingegner Gaudenzi-Daziaro. Si narra che i due fratelli cercarono di comprare il terreno in via San Ippolito a Castello, ma il parroco dell’epoca si oppose andando a destinare l’area a camposanto, dove ancora oggi ha sede il cimitero. La famiglia Daziaro, pertanto, scelse Pieve come collocazione finale della Villa.

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    riferimenti bibliografici
    Giardino di Villa Daziaro, a cura di Trentino Cultura, 2017, https://www.cultura.trentino.it/Approfondimenti/Giardino-di-Villa-Daziaro, URL consultato il 29 luglio 2017

    Parchi e giardini storici in Trentino: tra arte, natura e memoria, a cura della Soprintendenza per i beni culturali, I vol.: Alessandro Pasetti Medin con la collaborazione di Katia Malatesta; II vol.: Giuseppe Bagnoli, Francesca Bertamini, Nicoletta Boccardi, IBS, PAT, 2016

    Villa Darzio, una porta sulla Russia, Valsugana News 2021 - Speciale Tesino, https://issuu.com/edizioniprinted/docs/speciale_valsugana_lug_2021_basso/s/12858091

    Elda Fietta, Alberto Milano, Mario Pernechele, I Tesini e la Russia, Litodelta, Strigno, 2012.

  • viale Roma 14, Roncegno, TN
    46.04857062549457, 11.410571818459236
    foto: Roberta Re - 2023

    Anno di realizzazione: fine sec. XIX
    Committente: Achille de Giovanni
    Stato attuale: abbandonato
    Proprietà attuale: privata
    Funzione/funzioni: sede della Gestapo durante la Seconda Guerra Mondiale

    Che funzione avrà in futuro: .................................................................................................... ....................................................................................................

    Cosa sappiamo: La villa viene costruita su volontà dal medico Achille De Giovanni, fervente patriota irredentista, perante alle Terme di Roncegno, come sua residenza, luogo di incontro e punto di riferimento per scienziati, medici ed intellettuali. Si chiamava in origine Villa Rosaldina ed era in pieno stile Liberty. Durante la Seconda Guerra Mondiale a villa de Giovanni erano alloggiate le SS (Schutstaffeln - squadre di protezione, inizialmente un’ organizzazione squadristica del partito nazista, nelle cui mani passò qualsiasi ramo e settore della polizia), comandate al capitano Hegenbart. Veniva chiamata “Villa triste” per le torture cui venivano sottoposti i malcapitati durante gli interrogatori. Qui erano alloggiate le SS, sei-sette uomini con Hegenbart, SS-Hauptsturnfuhrer (capitano) dal quale dipendeva tutto l’apparato poliziesco e militare.

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    riferimenti bibliografici
    Achille de Giovanni, biografia a cura della dott.ssa Patrizia dal Zotto, articolo online, https://www.slideshare.net/PatriziaDalZotto/achille-de-giovanni-18381916-69013243,

    La resistenza in Trentino, a cura di Cornelio Galas, articolo online, 2016, https://www.televignole.it/la-resistenza-in-trentino-7/

    Giuseppe Sittoni, La Resistenza in Valsugana e in Tesino, in «Archivio trentino» (ISSN: 1125-8225), 52/1 (2003), pp. 287-308.

  • via Beniamino Donzelli, 50, Scurelle, TN
    46.066729, 11.502412
    foto: Roberta Re - 2023

    Stato attuale: abbandonato
    Proprietà attuale:
    in parte pubblica (Comune di Scurelle), in parte privata
    Funzione/funzioni:
    lanificio

    Che funzione avrà in futuro: .................................................................................................... ....................................................................................................

    Cosa sappiamo: Grazie al centinaio e più di dipendenti del lanificio Dalsasso, la Valsugana non ha conosciuto l’emigrazione, almeno nei termini che ha colpito tutto il Trentino dalla fine dell’Ottocento fino al boom economico degli anni Sessanta. Tutto cominciò a Roncegno con Eugenio, il capostipite dei futuri imprenditori, che nel 1831 si inventò filatore e tessitore di lane di pecora. In Valsugana a quell’epoca c’erano molte pecore e molte erano le donne valsuganote che filavano in casa trattenendo in pagamento una percentuale di lana lavorata. Eugenio tenne accanto a sé il figlio Costante (1835), ragazzo svelto ed intraprendente, a cui passò la passione per questo lavoro. Ancora giovanissimo, Costante si industriò e comprò due macchine con cui poter fare tutto in proprio: cardare e filare. Costante si sposò con Elisabetta, una compaesana (per quanto riguarda i matrimoni tutta la storia famigliare dei Dalsasso, con una sola eccezione, si srotolò da un paesino all’altro della Valsugana), moglie che gli diede ben nove figli: Domenico, Agostino (1874 - 1937), Daniele (1863 - 1916), Annibale, Rosa, Maddalena, Maria, Emma e Costanza. Come da diffusa tradizione trentina, soltanto i figli maschi proseguirono nell’attività paterna. Il trio composto da Agostino, Daniele e Annibale diede una prima impronta autenticamente industriale alla famiglia. Annibale aprì uno stabilimento a Trento alla Busa mentre i due fratelli consolidarono il lanificio di Scurelle. Nel 1901, poi, la famiglia Dalsasso acquistò il vecchio lanificio rinnovandolo e proiettandolo negli spazi della moderna industrializzazione. Agostino e la moglie Gilda ebbero Mario, diplomato perito tessile a Biella, che si impadronì delle nuove tecniche e una volta tornato a Borgo, continuò con il lanificio. Costante (1891-1978), figlio di Daniele, fu l’autentico “motore” della famiglia, detto perfino “el machina”. Impadronitosi del mestiere, divenuto perito tessile anche lui a Biella dove faceva il manutentore dei macchinari riuscendo in tal modo a capirne il funzionamento, portò con sé in Valsugana esperienza e straordinarie capacità tecniche sulle macchine. Le cannonate della guerra incenerirono l’opificio, che venne ricostruito interamente e la produzione fu riavviata con macchinari recuperati pezzo per pezzo e assemblati da lui stesso perfettamente. Sua moglie Olga, impiegata statale di Telve, gli diede tre figli: Lucia (1932) - seconda donna Dalsasso, dopo una zia, a lavorare nell’azienda di famiglia fino al matrimonio- Paolo (1933), perito tessile, e Alberto (1937). Oggi i Dalsasso, piegati dallo strapotere industriale cinese e indiano, chiuso lo stabilimento, si sono rinnovati nei loro tre negozi di Trento, Borgo e Levico, sostituendo ai tessuti e ai filati le confezioni.

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    riferimenti bibliografici
    I Dalsasso e la storia del lanificio a cura di Giorgio dal Bosco, articolo su Il nuovo Trentino, 03 febbraio 20132, https://www.giornaletrentino.it/cronaca/trento/i-dalsasso-e-la-storia-del-lanificio-1.1128317

    Scurelle, frammenti storici di una comunità, Appunti di economia, società e religione della comunità nei secoli XVI-XIX dai documenti conservati nell’archivio storico comunale, Litodelta - Scurelle (TN), 2016 www.ecovalsugana.net/images/biblioteca/scurelleframmenti.pdf

  • vicolo Verone 2 , Telve, TN
    46.070116, 11.477091
    foto: Roberta Re - 2023

    Anno di realizzazione: metà 1800, ristrutturato dopo la guerra
    Stato attuale: abbandono parziale
    Proprietà attuale: pubblico, Comune di Telve di Sotto
    Funzione/funzioni: palazzo signorile

    Che funzione avrà in futuro: .................................................................................................... ....................................................................................................

    Cosa sappiamo: Ex palazzo signorile di metà 1800, ristrutturato dopo la guerra, è ora in fase di avanzato deterioramento. L’edificio fu l’abitazione della famiglia Sartorelli e rappresenta il classico “”palazzo signorile e di campagna”” appartenente a famiglie benestanti Il piano terra è caratterizzato da ampi locali con soffitto a volte, struttura in sasso intonacato e pareti in sasso e da due piani superiori di circa 200 mq un tempo abitabili. Ci sono poi 130 mq di cortile e 634 mq di orto, gravati da servitù di passo, e 2004 mq di superficie agricola-arativa. Le caratteristiche costruttive sono quelle classiche dei vecchi edifici storici con ampi locali e grandi finestre, ampie altezze ai piani abitabili, grosse murature in pietra e solai in legno, contorni alle porte e alle finestre in pietra. L’edificio è privo di adeguati servizi ed impianti in quanto in epoca recente non ha mai subito reali interventi migliorativi di ristrutturazione. I due piani di abitazione erano riscaldati tramite stufe a legna e stufe in maiolica posizionate nelle varie stanze. La servitù non risiedeva nel palazzo signorile ma nell’edificio contiguo che versa nella medesima condizione di degrado. La casa è stata più volte messa all’asta negli ultimi anni, senza successo.

    Curiosità: Sulla sua destinazione nei primi anni Duemila si erano fatte diverse ipotesi e alcuni progetti, anche in accordo con la Provincia. Doveva diventare la Casa della Salute, ospitando ambulatori medici e pediatrici, e tra le ipotesi c’era anche un piano destinato a sede dell’Ecomuseo. Le cose poi, per vari motivi, non andarono avanti.

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    riferimenti bibliografici
    L’ Ecomuseo ieri e oggi, online https://www.ecomuseolagorai.eu/ricerche/ecomuseo-ieri-e-oggi/

  • via Alessandro Spagolla, Borgo Valsugana, TN
    46.051085, 11.456645
    foto: Roberta Re - 2023

    Stato attuale: abbandono parziale
    Proprietà attuale: privata
    Funzione/funzioni: ex cinema Garibaldi, discoteca TILT

    Che funzione avrà in futuro: .................................................................................................... ....................................................................................................

    Cosa sappiamo: 15 ottobre 1982: inaugurazione Discoteca Tilt. Esibizioni dei Nomadi, Ivan Cattaneo, Alberto Camerini, Sergio Salamini (da Drive In); Serata con Ilona Staller (Cicciolina) ;-)

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    riferimenti bibliografici
    Testimonianze orali

4_Alta Valsugana e Bersntol

  • via G. Avancini, 32, Levico Terme, TN
    46.008908, 11.309232
    foto: sito FAI - https://fondoambiente.it/

    Anno di realizzazione: 1925 con ampliamento ala trasversale nel 1930
    Committente: Lega Contadini (Luigi Carbonari)
    Stato attuale:
    abbandono totale in attesa di demolizione (Giunta provinciale a Levico Terme di venerdì 30 settembre 2022)
    Proprietà attuale: pubblica, Provincia Autonoma di Trento (dal 1992)
    Funzione/funzioni: produzione del baco da seta del Nostrano del Brenta (varietà coltivata solo in Valsugana)

    Che funzione avrà in futuro: .................................................................................................... ....................................................................................................

    Cosa sappiamo: La storia ci riporta a metà del Seicento, quando il tabacco arriva in Valsugana e ci resta per quasi quattro secoli, diventando monocoltura. In poco tempo diventa l’unico sostentamento per la valle che lo coltiva nelle “masiére” con i suoi i terrazzamenti, che vediamo ancora oggi, strappati alla montagna e a picco sul fiume. Luigi Carbonari, compagno di studi e vita politica di Alcide De Gasperi, costituisce proprio a Levico la Lega Contadini, su modello della quale organizzerà -tra il 1902 e il 1912- più di quaranta cooperative. In questo contesto economico e sociale venne dunque costruita, nel 1925, la Macera Tabacchi, per la produzione del baco da seta. Nel 1930 si vide un aumento dell’attività tabacchicola e venne costruita una nuova ala, con un’aggiunta trasversale alla prima, che diede all’edificio la caratteristica forma a T. Negli anni ‘50 l’attività del tabacco e della seta diminuì ma la Màsera restò sede di attività agrarie e artigianali, pur anticipandone lentamente il declino. La Màsera ha avuto un ruolo fondamentale nello sviluppo sociale e culturale del Comune di Levico e di tutta l’Alta Valsugana: sono molte le famiglie locali che vantano qualche parente che vi ha lavorato quando era ancora una fabbrica per la seta e il tabacco, e quando Levico era modello di quella cooperazione popolare incarnata nello spirito degasperiano. Nel 1992 l’edifici ovenne acquistato dalla Provincia di Trento con l’intenzione di realizzare un Istituto professionale, che non venne però mai compiuto. La Màsera fu gradualmente lasciata in stato di abbandono fino a un protocollo di intesa con il Comune di Levico per il suo previsto abbattimento. In tempi molto recenti è stato presentato da parte di un’associazione del territorio un progetto di completo recupero incentrato sull’eco-sostenibilità. L’idea dei proponenti era quella di creare una “biosfera-casa delle farfalle” con annesso ecomuseo, capace di diventare luogo di attrazione internazionale con un percorso esperienziale di bio-inspiration sul rapporto uomo-natura. L’idea ha visto interesse da parte del Muse, sarebbe potuta essere connessa con Artesella e avrebbe consentito di preservare l’antico essiccatoio voluto dal senatore Luigi Carbonari, simbolo dello spirito cooperativo e di quell’economia che a Levico si affiancò in modo ottimale con l’intrapresa turistica del periodo imperial-asburgico. La Giunta provincialeha però confermato la decisione per l’abbattimento dell’edicicio per importanti criticità strutturali.

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    riferimenti bibliografici
    La masera Tabacchi dove ancora volano le rondini - Levico Terme a cura di Orlando Cadoni, videonarrazione online, 2018, https://www.youtube.com/watch?v=eq3nnvOKwUg

    Màsera: memorie di seta e tabacco, a cura di Tiziana Margoni e Lucia Zuppardi, coordinato dalla Associazione Levico in Famiglia con la collaborazione del Gruppo pensionati, di Mondo Giovani, del Centro don Ziglio della Apsp Levico Curae, dell’Associazione Chiarentana e della biblioteca comunale, Trento, 2018

    ex Macera Tabacchi - luogo del cuore FAI, online, https://fondoambiente.it/luoghi/ex-macera-tabacchi?ldc

    Non abbattete la Màsera di Levico, appello di Marco Magnifico, FAI, online, 2023, https://fondoambiente.it/news/l-appello-di-marco-magnifico-non-abbattete-la-masera-di-levico

  • via Silva Domini 3, Levico Terme, TN
    46.013009, 11.307932
    foto: sito FAI - https://fondoambiente.it/

    Anno di realizzazione: 1906
    Progettista: Carl von Hocheder
    Costruttore: ditta Tomasi di Trento, Direttore lavori, arch. Fingerle
    Stato attuale: abbandono parziale
    Proprietà attuale: pubblico, Provincia Autonoma di Trento
    Funzione/funzioni: abitazione per il direttore del Grand Hotel delle Terme. Dal 1946 è sede CRI e accoglieva i bambini orfani di guerra, fu poi colonia. Nel 1987/88 fu nuovamente centro din ospitalità per profughi polacchi e negli anni successivi fino al 1996 fu Scuola dell’Infanzia e dall’Azienda Sanitaria di Levico Terme.

    Che funzione avrà in futuro: .................................................................................................... ....................................................................................................

    Cosa sappiamo: Villa Bessler, proprietà della famiglia Herwath, nacque come abitazione per il direttore del Grand Hotel delle Terme (progetto dell’architetto Otto Stahn per Julius Adrian Pollacsek -1898-1900). La villa vera e propria venne progettata in un secondo momento (1906) dall’architetto Carl Von Hocheder: essa si presenta come un edificio di tre piani a pianta pressochè quadrata, con avancorpo arrotondato sopra l’ampio vano scala di entrata e frontone triangolare a livello del tetto. Al piano terra gli ambienti ”sociali” (hall, salone, sala ricevimento uomini, sala ricevimento donne, sala da pranzo con uscita sul giardino, stanze di servizio raggruppate dietro la scala). Al primo piano le camere da letto della famiglia, uno studio e la camera degli ospiti. Al secondo piano, ombreggiato dal cornicione del tetto, altre stanze per gli ospiti e i locali dei domestici. La facciata dell’edificio vede un balcone al primo piano adornato con un motivo a rombi su tre lati e un’ampia fascia decorata sotto il tetto sporgente che collega le finestre tra loro. Lateralmente rispetto alla villa in origine vi era un orto ed un giardino fiorito, quindi la casa del giardiniere. Tra il 1947 e il 1948 villa Besler, di proprietà dell’Opera Combattenti di Roma, fu adibita a casa di riposo per una sessantina di profughi istriani. Il suo utilizzo da parte della Croce Rossa Italiana risale al 1949, per accogliere i bambini orfani dei caduti in guerra e successivamente destinata a Colonia. Nel 1987/88 venne utilizzata per l’ospitalità di circa 250 profughi provenienti dalla Polonia. Negli anni successivi e fino al 1996 è stata occupata dalla Scuola dell’Infanzia e dall’Azienda Sanitaria di Levico Terme. Il sogno del dott. Giorgio Tononi (ex presidente del Comitato Provinciale CRI) fu poi quello di restaurare la storica Villa Beatrice per trasformarla in un centro meeting, con l’obiettivo di formare i volontari della Croce Rossa Italiana e di farlo diventare un Centro Internazionale. I lavori sono iniziati nel 2011 ma al momento sono serviti per la realizzazione di un ampliamento moderno (struttura a tre piani con un’autorimessa interrata e parcheggi all’aperto), alle spalle della villa asburgica. Il centro è inutilizzato dal 2017 ma nel 2022 è stato parzialmente riattivato per ospitare profughi ucraini dalla guerra.

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    riferimenti bibliografici
    https://www.cfptononicri.it/ita/La-Sede

    Landsitz in Levico in Sudtirol, Deusche Bauzeitung (DBz), anno 47 n°20, 1913, Berlino, p,181

    Villa bressel - luoghi del FAI - https://fondoambiente.it/luoghi/villa-bessler?ldc

    L. De Carli, Levico terme al tempo dell’Impero, quando la principessa di Windisch Craetz scelse Villa Bessler, “La Finestra”, 9 (2006) p.87

    Quaderni di storia cittadina, Il Palazzo Municipale di Bolzano 1907, a cura di Angela Grazia Mura, Vol6, edizioni Città di Bolzano, 2013

  • via delle Zope, Calceranica al Lago, TN
    46.00140264024933, 11.253349589017057
    foto: Ordine degli Architetti Trento

    Anno di realizzazione: primi anni 60 (nulla osta” del Comune di Calceranica al Lago è datato 8 febbraio 1963)
    Progettista: arch. Giovanni Leo Salvotti De Bindis
    Committente: “ho costruito la casa e poi l’ho venduta alla parrucchiera di Versalilles, originaria di Calceranica” G.L.Salvotti
    Stato attuale: totale abbandono
    Proprietà attuale: privato
    Funzione/funzioni: residenza per le vacanze

    Che funzione avrà in futuro: .................................................................................................... ....................................................................................................

    Cosa sappiamo: L’edificio fu eretto come un piccola residenza per le vacanze e, grazie alle sue forme zoomorfe e simboliche, rappresenta ancor oggi una delle più interessanti architetture costruite in Trentino. Nel tempo è diventato un riferimento per l’immaginario collettivo degli abitanti della zona, che proprio per le sue forme originali, lo battezzeranno “Casa Galina”. In realtà il dominio della struttura è un cavallo, la cui testa però è caduta e si è rovesciata. L’edificio fu realizzato con una tecnica sperimentale per la realizzazione delle strutture attraverso un sistema di intelaiatura metallica zincata ed elettrosaldata ricoperta di calce a presa lenta per renderla autoportante, staccato dal suolo con l’ausilio di quattro pilastri. Si presentava come una colorata composizione scultorea adagiata su un grande vassoio, staccato dal suolo. Una Scultura ancor prima che una struttura. Ancora oggi, ridotto oramai in rovina, disabitato e interamente ricoperto di vegetazione, non ha perso la propria forza simbolica: questa piccola forma, ormai senza più forma, incarna, con ogni probabilità, l’essenza dell’ultima rovina classica. La casa è tutelata da un vincolo urbanistico.

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    riferimenti bibliografici
    Alessandro Franceschini, Raffaele Cetto, Tempo ed architettura. La Casa Galina di Giovanni Leo Salvotti, Listlab 2022

    I dolori dell’architettura nel tempo: la storia di “casa galina” a Calceranica, a cura di Stefano Albergoni, Ambiente Trentino, articolo online, 2016, https://www.ambientetrentino.it/architettura-storia-casa-galina-calceranica/ report fotografico online, offhouses, con foto dell’ Archivio Salvotti. https://ofhouses.com/post/186532611034/696-giovanni-leo-salvotti-galina-salvotti Effermeridi.

    Il documentario su Gian Leo Salvotti a cura del MART, Galleria civica di Trento in collaborazione con Ordine degli Architetti della Provincia di Trento, regia di Michele Dal Bosco, produzione FilmWork, online, https://www.youtube.com/watch?v=bOBFdtAWPlU

  • Stazione ferroviaria di Levico Terme, TN
    46.00598, 11.30468
    foto: sito Il Dolomiti - https://www.ildolomiti.it/

    Anno di realizzazione: 1898-1900
    Progettista: arch. Emilio Paor
    Costruttore: ditta Rudolf Stummer di Traunfels
    Committente: Österreichisch-Ungarische Bundesbahnen (Ferrovie austro-ungariche)
    Stato attuale: abbandonata da 20 anni e con determina del 2023 per messa in sicurezza e precantiere
    Proprietà attuale: RFI - Rete Ferroviaria Italiana
    Funzione/funzioni: punto di ristoro per i viaggiatori, successivamente biglietteria ferroviaria

    Che funzione avrà in futuro: .................................................................................................... ....................................................................................................

    Cosa sappiamo: Il Caffè Asburgico («Kaffee Buffet») della stazione ferroviaria fu realizzato dalle ferrovie austro-ungariche tra il 1898 e il 1900. Si trova sui binari a fianco della piccola stazione ferroviaria della città e la sua struttura è totalmente in legno: un piccolo gioiello liberty. Nacque come piccolo punto di ristoro per i viaggiatori della nuova linea ferroviaria della Valsugana, inaugurata nel 1896 e per i turisti che scendevano alla stazione di Levico, che vedeva allora il suo sviluppo come località termale. Tuttora primo biglietto da visita per chi arriva in città in treno, versa ormai da diversi anni in una situazione incomprensibilmente degradata per un’opera dichiarata dalla Provincia, insieme alla stessa stazione, “patrimonio culturale, storico, artistico e popolare da tutelare”. Nel 2018 Rfi ha manifestato l’intenzione di restaurare la struttura, che, rimodernata, potrebbe ospitare attività di bar e liberare spazi di attesa per l’utenza nell’edificio a fianco, oltre ad essere utilizzata per eventi di vario tipo. Il Caffè Asburgico è stato eletto dai trentini Luogo del cuore 2019 del FAI.. A inizio 2019 il dirigente di Trentino Trasporti, Roberto Andreatta, promise al presidente del Consiglio regionale, Roberto Paccher, la reintroduzione di due corse per le autocorriere nella tratta Levico-Borgo, un treno veloce in fascia mattutina, il miglioramento dell’autostazione lungo Corso Centrale e dell’area circostante la stazione ferroviaria, con relativa ristrutturazione del Caffè Asburgico. Tuttavia nessuna ristrutturazione è stata finora intrapresa.

    Curiosità: Con la DETERMINAZIONE DEL DIRIGENTE 2023-S120-00199 la Soprintendenza dei Beni Culturali della PAT autorizza una serie di interventi urgenti di messa in sicurezza, pulizia e precantiere dell’immobile denominato “Antico Kaffee Buffet”.

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    riferimenti bibliografici
    Scheda sviluppata con la collaborazione di Alba Bertolini Re

    Caffè Asburgico della Stazione - luoghi del cuore FAI - online - https://fondoambiente.it/luoghi/caffe-asburgico-della-stazione?ldc

    RFI (Rete ferroviaria italiana) sede centrale Ferservizi Verona Österreichisch-Ungarische Bundesbahnen (Ferrovie austro-ungariche)

  • strada Provinciale 8, Sant’Orsola Terme, TN
    46.11383, 11.31002
    foto: Roberto Zanin - 2020

    Anno di realizzazione: inizi del 1900
    Stato attuale: abbandonato totale
    Proprietà attuale: privato
    Funzione/funzioni: impianto di risalita

    Che funzione avrà in futuro: .................................................................................................... ....................................................................................................

    Cosa sappiamo: Venne costruito agli inizi del 1900 per utilizzare le acque arsenicali ferruginose e fu assai frequentato. Le acque minerali, assai apprezzate per il loro potere terapeutico (assi simili a quelle levicensi) erano canalizzate fin dentro l’albergo e provenivano da un tunnel dell’ex miniera Pegara. Chi soggiornava poteva curarsi direttamente nella sua stanza o in appositi spazi ricavati dentro il complesso alberghiero. I tempi cambiarono, ma comunque nel secondo dopoguerra del Novecento l’albergo continuò ad essere ben frequentato. Dal 1954 la proprietà passò ad una famiglia che affidò ad altri la gestione appena l’anno successivo, nel 1995. L’albergo aveva quindi due distinte proprietà: l’edificio e la gestione. La società «Albergo Terme» (proprietaria dell’edificio) fallì nel 1995 (il Comune tentò inutilmente di farselo aggiudicare), ma la «Thermaclub srl» (gestione) sopravvisse pur con lo stesso amministratore dell’«Albergo Terme sas» fallito. Mentre l’edificio finiva in mano alla «Roma Investimenti» (di fatto una società immobiliare) con sede in piazza Mameli 5 a Ravenna - costituita poco prima dell’asta, con Walter Ferrario l’allora rappresentante legale- la «Thermaclub srl» che aveva in mano la gestione passava a dei veneti. Questi ultimi ebbero grane giudiziarie e estreme difficoltà, tanto che chiusero l’attività dopo un breve periodo. Le quote della «Thermaclub srl» cambiarono proprietà finendo tutte in mano dell’amministrazione della «Orsola srl» di Fiorella Mazzola e Silvano Zaniboni. Era il luglio 2005 e i coniugi con non poche difficoltà tennero aperto l’ex albergo termale per la sola attività di ristorazione e bar dal nome «Ristorante Paradiso». La favola però durò poco, anche perché Zaniboni venne ricoverato in ospedale per mesi. La situazione s’ingarbugliò ancor di più con la «Orsola srl» debitrice di poche migliaia di euro (bollette varie) nei confronti del Comune, ma in contenzioso con la «Roma investimenti» la cui vicenda fallimentare, nel frattempo, venne trasferita a Monza. È una storia di declino quella degli ultimi anni dell’albergo, quanto invece fu gloriosa quella dei suoi primi decenni di vita. Ora l’albergo è stato fatto transennare dal curatore ed è stato più volte messo all’asta, senza esito.

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    riferimenti bibliografici
    Testimonianze orali

  • Levico Terme, TN
    45.963796028831894, 11.332272750584343
    foto: Trentino Film Commission

    Anno di realizzazione: 1907-1914
    Progettista: Ing. Capitano Edler Karl von Lehmayer
    Costruttore: Ing. Capitano Edler Karl von Lehmayer
    Committente: Genio militare austro-ungarico - Imperiale e regio Esercito
    Stato attuale: Parzialmente distrutto, rudere
    Proprietà attuale: pubblico, Comune di Levico
    Funzione/funzioni: Opera difensiva e di controllo

    Che funzione avrà in futuro: .................................................................................................... ....................................................................................................

    Cosa sappiamo: Costruito in zona strategica a poca distanza dal confine del Regno d’Italia, fu bombardato numerose volte durante l’offensiva del maggio 1916. Dopo i pesanti danneggiamenti, fu in buona parte ricostruito e continuò a servire l’esercito austro-ungarico come fulcro di collegamento tra il sistema degli altipiani. Costruito in lunghezza, si sviluppa su due livelli non più leggibili internamente, con due casematte metalliche che ospitavano la posizione delle mitragliatrici. Il suo perimetro era rimarcato da un fossato di 8 metri scavato nella roccia. Lo stato in cui si mostra oggi è il risultato delle sottrazioni e distruzioni che i recuperanti del ferro fecero, in previsione della guerra di Etiopia, e che proseguirono nel secondo dopoguerra, lasciando solo una costruzione in rovina.

    Curiosità: All’interno della guarnigione del Forte Verle combatterono anche Fritz Weber - autore del testo “Tappe della disfatta” - e il registra e scrittore Luis Trenker

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    riferimenti bibliografici
    Scheda sviluppata con la collaborazione di Marco Ferrari e Carla Colzani

    1914-1918. La grande guerra sugli altipiani di Folgaria, Lavarone, Luserna, Vezzena, Sette Comuni, M. Pasubio, M. Cimone e sugli altri fronti di guerra, a cura di Tullio Liber, Ugo Leitempergher, Andrea Kozlovic, Vicenza, Gino Rossato editore,1988

    Fernando Larcher, Folgaria Magnifica Comunità a cura del Comune di Folgaria, Trento, Publistampa Pergine, 1995

    Aldo Forrer, Guida lungo la fronte austroungarica e italiana sugli altipiani di Folgaria Lavarone Luserna e Tonezza del Cimone, Rovereto, Ed. Manfrini, 2003

    Antonio Zandonati, Passo Coe 1915-1916: la Grande Guerra sugli Altipiani, Panorama, Trento, 2004

    Fernando Larcher, Folgaria, Lavarone, Luserna: Guida agli Altipiani trentini, Trento, Euroedit, 2008

5_Alto Garda e Ledro

  • Loc. Biacesa - Loc. Radis, Ledro, TN
    45.86344, 10.82261
    foto: Paolo Benaglio - Il Fotogramma - 2020

    Anno di realizzazione: cartiera 1800, centrale 1902-1905
    Progettista: ing. Domenico Oss e ing. Alessandro Panzarasa
    Stato attuale: centrale abbandonata dal 1928 e semi distrutto
    Proprietà attuale: privato, Enel Italia S.P.A. Unipersonale
    Funzione/funzioni: centrale abbandonata dal 1928 e semi distrutto destinazione d’uso originale: centrale idroelettrica

    Che funzione avrà in futuro: .................................................................................................... ....................................................................................................

    Cosa sappiamo: Il Municipio di Rovereto, dopo aver fatto costruire nel 1897 il suo primo impianto idroelettrico nei pressi della città sul fiume Leno, decise di realizzare una nuova centrale vista la necessità di avere a disposizione ulteriore energia elettrica. Si decise così di sfruttare il torrente Ponale; nel 1905 venne costruito il nuovo impianto a valle di Biacesa (in località Radis), utilizzando il preesistente appalto sullo sfruttamento delle acque già stipulato per la cartiera di Biacesa. La nuova centrale sfruttava un salto di 300 metri e con la sua potenza di 3000 KW dava energia alla città di Rovereto e a gran parte del Trentino meridionale. L’impianto venne progettato dall’ing. Domenico Oss e dall’ing. Alessandro Panzarasa. Durante la Prima Guerra Mondiale le due centrali subirono ingenti danni, la Val di Ledro si venne a trovare sulla linea di confine fra i due eserciti nemici: italiani ed austriaci. Da un resoconto di Defrancesco (in seguito Podestà di Rovereto) si comprende che i due impianti furono soggetti ad ingenti danni causati da bombardamenti: …il macchinario era tutto disperso, rovinato o distrutto, i quadri infranti o asportati, le tubazioni contorte, sforacchiate e rotte, i canali spezzati in sette od otto punti, le opere di presa inutilizzate, i bacini di trasporto smontate, ecc…” Terminata la guerra, la Società Trentina di Elettricità e la Società Imprese Elettriche Trentine, entrambe private e filiazioni di grossi gruppi lombardi, si adoperarono nella ricerca di proposte per riattivare gli impianti. La produzione di energia sul Ponale aveva un’enorme valore, per questo motivo i comuni di Riva e Rovereto diedero l’incarico all’ing. Panzarasa di effettuare uno studio di fattibilità, nel quale escluse la possibilità di ripristinare ex novo gli edifici per ragioni economiche e tecniche, e propose invece la costruzione di tre nuove centrali in serie sul torrente: a Molina, a Biacesa ed in fondo alla gola del Ponale. La spesa complessiva prevista era di 40 milioni di lire, cifra notevole per l’epoca. Verso gli anni ’20 due progettisti di Riva e Rovereto, Edoardo Modl e Francesco Tomazzolli, avanzarono una proposta rivoluzionaria che, in seguito venne realizzata: si proponeva l’utilizzo del lago di Ledro come un vero e proprio bacino di accumulo per la centrale, anziché limitarsi a prelevare un certo quantitativo d’acqua. Nel 1923 venne riattivata la centrale “Rovereto” per dare energia alla sua rete ed ai cantieri per la costruzione del nuovo impianto (la centrale di Riva) che venne messo in funzione nel 1928 ed è attualmente ancora in uso.

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    riferimenti bibliografici
    Luciano Azzolini, Roberto Colletti, Mauro Lando, Energia nel Trentino. Il lungo cammino dell'autonomia, Trento,TEMI, 1983, https://opac.bncf.firenze.sbn.it/bncf-prod/resource?uri=CFI0042512

    Nicolini Chiara, La Centrale di Rovereto a Biacesa: progetto di restauro per una riattivazione compatibile, tesi di laurea, relatore Bertola Paolo, Università degli Studi di Trento, a.a. 2015-2016

    Irene Curtarolo, Il paesaggio svelato. Riuso della centrale idroelettrica Rovereto a Biacesa come occasione per un nuovo sistema di valle, tesi di laurea magistrale, relatore Montedoro Laura, Politecnico di Milano, a.a. 2015-2016

  • Via Capitelli 1, Arco, TN
    45.918751, 10.882132
    foto: Francesco Azzali - 2020

    Anno di realizzazione: 1900-1934
    Stato attuale: abbandonato
    Proprietà attuale: pubblica, Comune di Arco
    Funzione/funzioni: pensione sanatoriale

    Che funzione avrà in futuro: .................................................................................................... ....................................................................................................

    Cosa sappiamo: L’edificio originale venne eretto verso la fine del 1800 con il nome di “Pensione Quisisana”. Nel 1900 fu affiancato da “Villa Beker” e nel 1934 le due divennero un unico complesso, ampliato, sopraelevato ed adibito a Sanatorio. Nel 1938 il complesso fu acquistato dall’Istituto della Previdenza Sociale Fascista e, nel dopoguerra, passò all’INPS. Questo fu l’ultimo dei sanatori arcensi a rimanere in attività fino all’inizio degli anni ‘90. Nato come propaggine del “Luciano Armanni”, posto dalla parte opposta della strada, il Quisisana era destinato a soli degenti uomini. Era detto padiglione “Quisisana”. Fu trasformato nel 1931 in casa di cura popolare per tubercolotici (decreto prefettizio 25/07/1926, Nro 34452 IIIa), con stessa denominazione. Precedentemente era gestito come sanatorio per tubercolotici paganti in proprio. Nel 1932 fu costituita la “Società Anonima Sanatorio Quisisana” con sede in Arco che avrebbe gestito i sanatori in genere con attenzione particolare ai malati di tubercolosi. Nel 1938 l’Ente dell’Istituto della Previdenza Sociale Fascista acquistò il bene immobile e dalla Società Anonima Sanatorio Quisisana acquistò anche tutta la mobilia, gli arredi, le attrezzature, i macchinari, le apparecchiatura scientifica, i mezzi di trasporto. Prezzo complessivo: 600.000 lire (550.000 ai proprietari e 50.000 alla suddetta Società). Al termine della Seconda Guerra Mondiale il sanatorio fu ceduto all’I.N.P.S. Nel 1972 fu costituito l’ente Ospedaliero “Luciano Armanni”, di cui facevano parte questa struttura e il Palazzo delle Palme. Nel 1983 tutto il bene passò alla Provincia Autonoma di Trento. Nel 2006 la Provincia cedette gratuitamente al Comune di Arco il compendio immobiliare ponendo però il vincolo di destinazione d’uso a sede di associazioni di volontariato che operano in campo del sociale, culturale e del pubblico interesse, nonché a sede per attività di aggregazione del comparto giovanile e della terza età e per manifestazioni di interesse culturale ed educativo. Da notare sull’entrata nord una specie di pronao di impianto tetrastilo che richiama il tempio, i decori di ispirazione classica, colonna con plinto, base toroidale, fusto con capitello ionico, soffitto a forma di cassettoni, trabeazione con sovrastante balaustra a colonnine. Interessato assieme all’area antistante, confinante con villa Elena, da un concorso di progettazione architettonica nel 2004 (https://www.gazzettaufficiale.it/do/atto/parte_seconda/caricaAttoPdf?cdimg=2004149N32034001&dgu=2004-06-28&art.dataPubblicazioneGazzetta=2004-06-28&art.codiceRedazionale=2004149N32034&art.num=0&art.tiposerie=P2) vinto dall’architetto Alberto Cecchetto ad oggi vede in atto la realizzazione solo del primo lotto con l’erezione di un nuovo teatro. Dal 20 maggio 2023 la Giunta provinciale ha analizzato e confermato il cambio di destinazione d’uso in residenza per anziani al fine di valutare un progetto di partenariato pubblico privato per la realizzazione.

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    riferimenti bibliografici
    Beatrice Carmellini, Arco di storie. Uno sguardo ravvicinato sul tempo dei sanatori ad Arco Il tempo dei sanatori ad Arco (1945–1975), Trento, Trento, Museo Storico in Trento, 2005

    Il bello che cura a cura di Beatrice Carmellini, videonarrazione, Arco, Mnemoteca Basso Sarca, 2013

    Le case del sole a cura di Beatrice Carmellini e Ivana Franceschi da un’idea di Beatrice Carmellini. Arco, Mnemoteca Basso Sarca, 2016

    Le case del sole a cura di Micol Cossali, videonarrazione, Trento, Museo Storico Trentino, 2016

    Arco Città di cura: il Centro Sanatoriale 1931-1975, a cura di Beatrice Carmellini e Ivana Franceschi, Associazione Mnemoteca del Basso Sarca con il supporto della Fondazione Museo storico del Trentino, mostra dal 30/01/2017 al 28/02/2017, Arco, https://www.cultura.trentino.it/Appuntamenti/Il-centro-sanatoriale-di-Arco-1931-1975

  • Via Passo Buole, 4, Arco, TN45.922706969673825, 10.867787042574925foto: Paolo Benaglio - Il Fotogramma - 2020

    Anno di realizzazione: 1873-1874, lavori di ristrutturazione 1889-1890, trasformazione in sanatorio 1935
    Progettista: dell’ampliamento 1889 ing. Augusto Angerer, trasformazione in sanatorio 1935 arch. Umberto Maffei
    Costruttore: dell’ampliamento maestro Giacomo Bresciani, della trasformazione in Sanaclero l’impresa Angelini-Maffei
    Stato attuale: abbandono della struttura/parziale abbandono del parco/luogo del cuore dei FAI
    Proprietà attuale: pubblico, Provincia Autonoma di Trento
    Funzione/funzioni: villa privata dove si fa anche ospitalità; venduto nel 1935 all’istituto FIDES (ente morale di beneficienza del Vaticano), ampliato e inaugurato il 23/09/1936 come sanatorio per la tubercolosi per soli religiosi maschi provenienti da ogni parte del mondo;

    Che funzione avrà in futuro: .................................................................................................... ....................................................................................................

    Cosa sappiamo: “Villa Angerer, nota anche con il nome di Sanaclero, venne costruita nella seconda metà dell’Ottocento da Giovanni Angerer, un facoltoso esponente della borghesia mitteleuropea di Innsbruck. Fu lui che acquistò i terreni a Vigne, in località Olivè, comune di Romarzollo, e che vi edificò la splendida villa, con forme e decorazioni in stile romantico e un’imponente scalinata. Di notevole pregio è anche l’ampio parco, circa 30.000 metri quadri, con piante rare ed esotiche ormai secolari. Nel 1876 Giovanni muore e la villa viene ereditata dal figlio maggiore, Augusto, che compirà diversi lavori di ristrutturazione e ampliamento, per adattarla a fini anche turistici e di cura. Dopo la prima guerra mondiale, la villa passò a Hilda, figlia di Augusto, che era stata riconosciuta cittadina italiana e, in questo modo, aveva evitato il sequestro da parte dello Stato italiano dei beni appartenenti ad austriaci. La signora però preferì ritirarsi in Alto Adige e mise in vedita la villa. Nel 1935 la proprietà venne acquistata dall’istituto “Fides” per trasformarla in sanatorio e casa di cura per il clero. La villa venne ampliata ad ovest con un lungo fabbricato di tre piani e una chiesa, mentre la casa colonica alzata di un piano ed utilizzata per le suore. La nuova struttura, di circa 100 posti letto, fu inaugurata nel 1936. Pochi anni dopo vi fu un ulteriore ampliamento nonché la collocazione, nel cortile d’ingresso, della statua del Sacro Cuore di Gesù, a cui venne consacrata la casa di cura. Nel 1983 il complesso venne acquistato dalla Provincia Autonoma di Trento che nei decenni successivi vi ipotizzò altri utilizzi, senza però trovarne uno attuabile. Nel 2019 la Provincia ha stipulato un accordo urbanistico con il Comune di Arco per modificare la destinazione d’uso da aree per attrezzature pubbliche di interesse generale a ricettivo-alberghiera e il vincolo, da risanamento conservativo a ristrutturazione con ampliamento (con raddoppio dei volumi) della parte sanatoriale a scapito di parte del parco. Attualmente l’accordo è “congelato” (non revocato) a seguito dell’ampio dissenso espresso da vari soggetti oltre che della popolazione locale. Villa Angerer è stata da qualche anno riconosciuta come ”luogo del cuore” del FAI. Oggi è in atto un progetto di riqualificazione e messa in sicurezza del parco.”

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    riferimenti bibliografici
    VILLA ANGERER - EX SANACLERO | I Luoghi del Cuore - FAI

    Villa Angerer (SanacleQUIro) di Arco e il suo Parco Storico, Informa, Bollettino d’informazione della sezione trentina di ITALIA NOSTRA, numero, 03 / 2019,http://www.italianostra-trento.org/sites/default/files/INforma_2019_3.pdf

    Beatrice Carmellini, Arco di storie. Uno sguardo ravvicinato sul tempo dei sanatori ad Arco Il tempo dei sanatori ad Arco (1945–1975), Trento, Trento, Museo Storico in Trento, 2005

    Il bello che cura a cura di Beatrice Carmellini, videonarrazione, Arco, Mnemoteca Basso Sarca, 2013

    Le case del sole a cura di Beatrice Carmellini e Ivana Franceschi da un’idea di Beatrice Carmellini. Arco, Mnemoteca Basso Sarca, 2016 Le case del sole a cura di Micol Cossali, videonarrazione, Trento, Fondazione Museo Storico Trentino, 2016

    Arco Città di cura: il Centro Sanatoriale 1931-1975, a cura di Beatrice Carmellini e Ivana Franceschi, Associazione Mnemoteca del Basso Sarca con il supporto della Fondazione Museo storico del Trentino, mostra dal 30/01/2017 al 28/02/2017, Arco, https://www.cultura.trentino.it/Appuntamenti/Il-centro-sanatoriale-di-Arco-1931-1975

    Romano Turrini, Villa Angerer e il Sanatorio del Clero d’Italia a Vigne di Arco, Arco, Il Sommologo, Comune di Arco, 2021

  • Via Cesare Battisti 6 Arco, TN
    45.9181, 10.88194
    foto: Paolo Benaglio - Il Fotogramma - 2020

    Anno di realizzazione: 1899
    Progettista: ing. Marchetti
    Stato attuale: abbandono della struttura/parziale uso del cortile a parcheggio
    Proprietà attuale: pubblico, Comune di Arco
    Funzione/funzioni: villa residenziale, pensione sanatoriale, uffici amministrativi dell’ASL comprensoriale

    Che funzione avrà in futuro: .................................................................................................... ....................................................................................................

    Cosa sappiamo: “Villa Elena fu costruita alla fine dell’Ottocento, quando la città di Arco era in piena espansione quale luogo di cura invernale (Kurort) per la nobiltà e la borghesia austro-ungarica. La villa fu fortemente voluta dal dottor Wollensack, medico viennese che dirigeva lo stabilimento-bagni di cura (Kur-Ansalt) ad Arco. Il medico già dal 1897 chiese di poter costruire la villa nel terreno di proprietà dei fratelli Althamer nel sobborgo Braile, località Strappazocche e gli venne concesso nel 1899. La villa venne chiamata Villa Helene dal nome della moglie Elena Dietl, che di fatto acquistò la villa nell’anno di costruzione. La villa vide la morte del dottor Wollensack nel 1902, a seguito della quale venne trasformata dalla vedova in pensione sanatoriale, provvista di 34 letti. Dal 1912 la villa venne venduta e affittata a vari medici. Nel 1931 fu alzata di un piano su richiesta del proprietario Vanceslao Cerny. Nel 1938 il signor Cerny vendette la villa e il terreno attorno alla Società anonima Sanatorio Villa Elena che a sua volta, nel 1939, la vendette all’Istituto Nazionale fascista della Previdenza Sociale. Villa Helena ha visto ad inizio Novecento la presenza di ospiti illustrii come il principe Maurizio di Sassonia con la consorte. Il principe morirà proprio nella Villa nel 1907, come ricorda la lapide commemorativa posta sulla parete di Lomego, sul Monte Baone.”

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    riferimenti bibliografici
    Selenio Ioppi, Di villa in Villa, lo sviluppo urbano ad Arco fra la fine del 1800 e la prima metà del 1900, Arco, edizioni il Sommolago , 2004

    Beatrice Carmellini, Arco di storie. Uno sguardo ravvicinato sul tempo dei sanatori ad Arco Il tempo dei sanatori ad Arco (1945–1975), Trento, Trento, Museo Storico in Trento, 2005

    Il bello che cura
    a cura di Beatrice Carmellini, videonarrazione, Arco, Mnemoteca Basso Sarca, 2013

    Le case del sole
    a cura di a cura di Beatrice Carmellini e Ivana Franceschi da un’idea di Beatrice Carmellini. Arco, Mnemoteca Basso Sarca, 2016

    Le case del sole
    a cura di Micol Cossali, videonarrazione, Trento, Fondazione Museo Storico Trentino, 2016

    Arco Città di cura: il Centro Sanatoriale 1931-1975,
    a cura di Beatrice Carmellini e Ivana Franceschi, Associazione Mnemoteca del Basso Sarca con il supporto della Fondazione Museo storico del Trentino, mostra dal 30/01/2017 al 28/02/2017, Arco, https://www.cultura.trentino.it/Appuntamenti/Il-centro-sanatoriale-di-Arco-1931-1975

  • Via Giuseppe Verdi, 6, Arco, TN
    45.920225, 10.864123
    foto: Francesco Azzali - 2020

    Anno di realizzazione: 1902 (testimonianza foto)
    Progettista: arch. Camillo Zucchelli
    Stato attuale: abbandono della struttura/parziale uso nel tempo come deposito
    Proprietà attuale: pubblico, Comune di Arco
    Funzione/funzioni: scuola

    Che funzione avrà in futuro: .................................................................................................... ....................................................................................................

    Cosa sappiamo: L’architetto nel descriverla scrive: “Tale edificio è concepito in modo da creare la sensazione di una scuola su modello della casa, per creare un’atmosfera psicologicamente idonea alla formazione dell’infanzia”. All’esterno della casa è stato realizzato anche un “teatro all’aperto con posti a sedere e zona scenica”.

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    riferimenti bibliografici
    I tesori dimenticati di Arco Kurort, articolo del quotidiano l’Adige, curato da Roberto Vivaldelli per Italia Nostra, 28/02/2019, http://www.italianostra-trento.org/sites/default/files/2019%2002%2028%20l%27Adige%20-%20Arco,%20Kurort,%20i%20tesori%20dimenticati.pdf

    Archivi del costruire. Per una storia dell’architettura e dell’ingegneria in Trentino nel Novecento,
    a cura di Roberta G. Arcaini, Fabio Campolongo, Cristiana Volpi, Trento, Provincia autonoma di Trento, 2020, https://www.cultura.trentino.it/Pubblicazioni/Archivi-del-costruire-per-una-storia-dell-architettura-e-dell-ingegneria-in-Trentino-nel-Novecento

  • Via Grez / via Italo Marchi, Riva del Garda, TN
    45.89053, 10.84826

    Anno di realizzazione: probabilmente ottocentesca
    Stato attuale: abbandono totale, pericolante
    Proprietà attuale: pubblico, ITEA SPA
    Funzione/funzioni: uccellanda

    Che funzione avrà in futuro: .................................................................................................... ....................................................................................................

    Cosa sappiamo: “La “Toresela”, singolare costruzione alta circa otto metri che sorge isolata nella campagna di Riva del Garda. La costruzione è entrata nell’immaginario collettivo e infantile per le sue caratteristiche di torretta d’avvistamento (apparentemente) medioevale. Apparteneva al compendio di casa Zadra, con le sorelle Amalia e Gina e il fratello ing. Cirillo, e fu compresa dal 2011 nel compendio delle case ITEA di via Italo Marchi. Si tratta di un’uccellanda, un manufatto diffuso per la caccia attorno al quale venivano impiantati sorbi ed altre piante che attiravano i volatili. L’epoca di realizzazione non è certa, probabilmente ottocentesca. Fa parte del gusto neogotico di fine Ottocento, inteso ad abbellire e ornare palazzi con espressione diretta della cultura romantica diffusasi in Europa a partire dalla fine del Settecento. La Toresela, realizzata in pietra arenaria, versa oggi in uno stato di avanzato degrado: sono cadute parti di merlatura e i piani interni, rischiando di cadere anche parte delle scalini di accesso. ITEA ha quindi deciso di recintare il manufatto e di vietarne l’avvicinamento e l’accesso. La Toresela non è censita in catasto, nemmeno sul catasto ottocentesco. L’associazione Riccardo Pinter ha richiamato l’attenzione della cittadinanza e dell’ente pubblico sul manufatto, sollevando la questione della salvaguardia del singolare manufatto, chiedendone la messa in sicurezza e un restauro integrale con conseguente immissione nel catasto urbano.”

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    riferimenti bibliografici
    La Toresela di Riva del Garda, servizio di Telegarda Trentino del 10/03/2017, online, https://www.youtube.com/watch?v=NN_eGXy2LOA /

    “Salvate la Toresela”, l’appello dei rivani al Comune, servizio del TGR del 09/12/2020, online, https://www.rainews.it/tgr/trento/video/2020/12/tnt-Toresela-Riva-del-Garda-appello-crollo-restauro-Pinter-0c83a65b-7649-4ff7-a95a-509607a02a91.html


    La storica Toresela di Riva in via Grez va Salvata,
    a cura di Claudio Chiarani, online, https://labusa.info/la-storica-toresela-di-riva-in-via-grez-va-salvata/, consultato nel luglio 2023

  • Via Cristoph Hartung Von Hartungen, 4, Riva del Garda, TN
    45.8829, 10.84904
    foto: Mnemoteca Alto Garda - 1952

    Anno di realizzazione: 1895-1909
    Progettista: l’autore della sopraelevazione (1909) e delle decorazioni è Giorgio Wenter Marini
    Committente: Dott Christoph von Hartungen
    Stato attuale: abbandono totale
    Proprietà attuale: pubblico, Patrimonio Trentino spa, Provincia Autonoma di Trento
    Funzione/funzioni: villa colonica, Dr. von Hartungen’s Sanatorium Physiatrische Naturheilanstalt, colonia Infantile Miralago

    Che funzione avrà in futuro: .................................................................................................... ....................................................................................................

    Cosa sappiamo: “L’area - vasta circa 40.000 mq - attualmente definita come compendio Colonia Miralago - venne acquistata il 31 maggio 1890 dal Dott Christoph von Hartungen, titolare di due residenze adibite a centri terapeutici ed alloggi per ospiti in centro (Villa Cristoforo I e II), allo scopo di poter espandere la propria attività. Il vasto appezzamento, con accesso diretto al lago, era ideale per gli scopi terapeutici del Dott von Hartungen basati su cure naturalistiche all’avanguardia (tra queste: cure idroterapiche, bagni di luce, Terrainkuren, cure atmosferiche), che richiamavano una clientela sempre più numerosa. Già nel 1895 il proprietario avviò i lavori di ristrutturazione della casa colonica ivi presente (chiamata poi Villa Seeblick, ‘Miralago’). Venne così inaugurato, in tale sede, il “Dr. von Hartungen’s Sanatorium Physiatrische Naturheilanstalt” (Sanatorio von Hartungen). Pochi anni dopo, dato il sempre più vasto afflusso di pazienti da tutta Europa, il Dottor von Hartungen concepì l’idea di un unico complesso alberghiero-sanatoriale, lo ‘Stabilimento Idroterapico’ con capanne d’aria, appartato ed autosufficiente sulla riva del lago. Venne così progettato ed edificato tra il 1906 ed il 1907 il complesso sanatoriale in questione. L’edificio principale si chiamerà Villa Belriguardo (quello che verrà successivamente trasformato e denominato Colonia Infantile Miralago). A due anni di distanza dalla costruzione, nel 1909, l’edificio venne raddoppiato e dotato di ulteriori volumi nel parco con funzione terapeutica (Badehaus). La clinica acquisì in tal modo il suo assetto definitivo e lo mantenne fino allo scoppio della I Guerra Mondiale. Contestualmente alla realizzazione del sanatorio ed i suoi successivi ampliamenti, il dott. Von Hartungen creò tutt’attorno il parco secondo i canoni del gusto dell’epoca. Dopo il primo conflitto mondiale e l’annessione del Trentino all’Italia, l’attività del Sanatorio von Hartungen si interruppe, il compendio venne acquisito il 1° agosto 1920 dalla Venezia Tridentina. Dopo la creazione della Provincia di Bolzano e di Trento (1927 nata la provincia di Trento, nel 1923 quella di Trento), anche i beni delle due province della Venezia Tridentina furono suddivisi.Tra questi rientrava il complesso di “Villa Miralago” a Riva del Garda ora Colonia Infantile Miralago. Esso fu assegnato in comproprietà alle due province di Bolzano (42,57 per cento) e Trento (57,43 per cento). Era gestito dalle religiose appartenenti alle Suore di Maria Bambina e per i soggiorni di vacanze veniva incaricato apposito personale pedagogico e di sorveglianza. In primo luogo, i soggiorni a Riva dovevano essere destinati soprattutto a bambini dai 4 ai 12 anni provenienti da famiglie a rischio di tubercolosi, ma anche a persone con disabilità, in particolare provenienti da laboratori protetti, a pazienti dell’istituto psichiatrico “Stadlhof” e a giovani diabetici. La Miralago divenne proprietà unica della Provincia di Trento nel 1993, da quando venne chiusa la colonia: da allora è in disuso. In anni recenti (2011) la Provincia tramite la società Patrimonio Trentino ha ceduto un diritto di superficie, ossia il diritto di costruire su un suolo che è proprietà di un altro soggetto, fino al 31-12- 2050, al Comune di Riva del Garda tramite la società LidQUIo di Riva del Garda Spa (società di partecipazioni), ma in modo oneroso. Varie proposte di riqualificazione sono state avanzate da parte di comitati locali (comitato Salvaguardia Area Lago, Associazione Pinter).”

    Curiosità: Nel sanatorio soggiornarono, fra gli altri, Thomas Mann e Franz Kafka. Soprattutto del secondo soggiorno a Riva del grande autore praghese, avvenuto nel 1913 dopo quattro anni dal primo viaggio, resta traccia nei suoi diari e nelle lettere. Di quei giorni, che lui stesso definisce “belli e terribili insieme”, restano soprattutto l’incontro con una giovane donna di origini svizzere, alla quale dà nome “Sirenetta” dopo una gita insieme in barca, e la conoscenza di un altro paziente, un anziano generale che si suicida in clinica. Qualche anno dopo, Kafka scriverà il racconto Il cacciatore Gracco, ambientato in una cittadina costiera chiamata Riva, il cui sindaco diventa il principale interlocutore del protagonista. Nel 1995 lo scrittore W.G. Sebald ha raccontato, nell’opera Vertigini, il viaggio di Kafka in Italia e i soggiorni a Venezia e Riva, ripercorrendone di persona le tappe.

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    riferimenti bibliografici
    scheda sviluppata con la collaborazione di Guido Laino

    Un’istituzione dimenticata. La colonia infantile provinciale Miralago a Riva del Garda. (1921-1993) – 2020,
    a cura di Ivana Franceschi, Arco, Mnemoteca Basso Sarca, 2020, ricerca, pubblicazione e video-narrazione, https://www.youtube.com/watch?v=dVa6zoCdbHA&t=1s


    Assistenza all’infanzia e ai giovani – La colonia infantile provinciale “Villa Miralago” a Riva del Garda, Provincia di Bolzano,
    articolo e documento del 1970, https://www.provincia.bz.it/arte-cultura/archivio-provinciale/documento-del-mese.asp?utm_campaign=lv-new&utm_source=click&utm_medium=red-arrow&news_action=4&news_article_id=665566


    Albino Tonelli, Ai confini della Mitteleuropa: il Sanatorium von Hartungen di Riva del Garda: dai fratelli Mann a Kafka gli ospiti della cultura europea, Riva del Garda, edito Museo di Riva del Garda, 1995
    Mauro Grazioli, L’industria del forestiere, Il percorso del turismo a Riva,
    Riva del Garda, edito dall’Unione Commercio e Turismo di Riva del Garda, 2000

    Parchi e giardini storici in Trentino: tra arte, natura e memoria, a cura di Alessandro Pasetti Medin, Giuseppe Bagnoli, Francesca Bertamini, Nicoletta Boccardiedito, Soprintendenza per i beni culturali, 2016, https://www.cultura.trentino.it/Pubblicazioni/Parchi-e-giardini-storici-in-Trentino-tra-arte-natura-e-memoria


    Arco Città di cura: il Centro Sanatoriale 1931-1975, a cura di Beatrice Carmellini e Ivana Franceschi, Associazione Mnemoteca del Basso Sarca con il supporto della Fondazione Museo storico del Trentino, mostra dal 30/01/2017 al 28/02/2017, Arco, https://www.cultura.trentino.it/Appuntamenti/Il-centro-sanatoriale-di-Arco-1931-1975
    Il Sanatorio Dott. von Hartungen a Riva del Garda, Un saggio filmato
    a cura di Franz J. Haller e Erhard Hartungen, 2018, filmato, http://www.tirolerland.tv/das-sanatorium-dr-von-hartungen-in-riva-am-gardasee-2-2/


    Parco Miralago Proposte per la valorizzazione
    a cura del Comitato Salvaguardia Area Lago, online, consultato nel giugno 2023, https://comitatosal.it/wp-content/uploads/2021/03/relaz-storico-bot-miralago-STAMPA-no-nota-PDF-compresso.pdf

  • via San Carlo, Molina di Ledro, TN
    45.87023, 10.77969
    foto: Renzo Mazzola - Circolo Fotoamatori Ledro - 2023

    Anno di realizzazione: 1900
    Committente: Collotta Cis & Figli
    Stato attuale: abbandonata dal 1978
    Proprietà attuale: pubblico, Comune di Molina di Ledro
    Funzione/funzioni: fabbrica di estrazione e trasformazione della magnesia

    Che funzione avrà in futuro: .................................................................................................... ....................................................................................................

    Cosa sappiamo: L’industria della magnesia ha potuto muovere i suoi primi passi grazie al genio di Pier Antonio Cassoni della val di Ledro, che nel 1816 riuscì ad estrarre (per primo al mondo) il carbonato di magnesio dalla dolomia (calcare dolomitico), dando avvio alla prima produzione della Magnesia fluida “Dolomina”. Grazie alla vivacità imprenditoriale di diversi personaggi ledrensi, nacquero in valle diversi stabilimenti di estrazione e produzione. Quello più duraturo fu quello di Molina che prese avvio nel 1900, ampliando e ammodernando e inglobando anche quello già presente dal 1875 (il cosiddetto frantoio, già fabbrica Cis&Gigli e ruderi attuali). Mentre erano presenti anche stabilimenti “italiani” a Brenzone e a Limone, la Collotta Cis & Gigli (che divenne & Figli alla fine della prima guerra mondiale per l’uscita del socio Gigli) iniziò a trasformare i prodotti di laboratorio chimico in filiera industriale, fino a realizzare una vasta platea di derivati dalla magnesia che poi, tra il 1960 e il 1979, furono esportati in oltre cinquanta paesi del mondo. Dal 1928 venne anche introdotta la lavorazione del superisolante che utilizzava fibra di amianto. L’azienda rappresentò anche un’opportunità per molti abitanti della val di Ledro, che vi scorsero la possibilità di non dover emigrare per cercare un lavoro. I lavoratori entravano giovanissimi in fabbrica, in particolare le donne. La paga serviva al difficile sostentamento della famiglia: aiuto che, talvolta, era pagato caro in termini di lavoro, di vita, di sicurezza e di salute. Ma era l’unica strada possibile per evitare il bivio obbligato tra povertà ed emigrazione. Quando fu fondata la Collotta Cis & Figli, infatti, la valle di Ledro era povera ed anche la terra era molto avara quindi un posto di lavoro in fabbrica dava sicurezza a tante famiglie. Dopo la chiusura dello stabilimento gli strascichi del malsano lavoro si protrassero per lunghi anni sulla pelle di chi ci aveva lavorato, in termini di tumori ai polmoni e malattie derivate dalle polveri di roccia e amianto, mentre il fantasma della fabbrica rimaneva in piedi a memoria dei tempi passati. Nessuno comunque condannava le condizioni passate, anche perché a quei tempi non se ne conoscevano le conseguenze. In seguito, grazie alla caparbietà della prima cittadina di Molina di Ledro, Agnese Rosa, e grazie al medico del lavoro Giuseppe Parolari, si aprì la strada alle prime indagini di medicina del lavoro. Un percorso che portò al totale smantellamento degli stabilimenti e al monitoraggio epidemiologico del territorio circostante. I risultati delle analisi e degli studi di ricerca furono drammatici: molti erano i lavoratori coinvolti con uno stato di salute ad alto rischio di morte. La bonifica fu necessaria non solo per l’area dell’ex stabilimento, ma anche per tutto il territorio circostante, perché le pericolose fibre di amianto procurarono gravissimi danni non solo alla salute degli addetti, ma, in alcuni casi ai loro familiari e alla popolazione in generale. Gli approfondimenti sulle patologie rilevate nella zona hanno potuto portare anche un contributo importante alle conoscenze mediche e scientifiche sugli effetti collaterali dell’amianto. Un recente studio condotto dall’Associazione Araba Fenice, svolto in collaborazione con il Circolo Fotoamatori valle di Ledro, ha permesso di ricostruire con completezza la storia dei luoghi, della produzione, dello sviluppo e finale abbandono delle zone.

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    riferimenti bibliografici
    scheda sviluppata con la collaborazione di Mattia Roccadonna e Alessandro Fedrigotti

    Ditta Collotta Cis & Figli, unità documentaria Archivio Centrale dello Stato, Roma, data deposito: 15/03/1900, http://dati.acs.beniculturali.it/oad/uodMarchi/MR004342


    Camillo Collotta, Storia delle fabbriche di carbonato di magnesia di Val di Ledro, Memorie del Cav. Camillo Collotta,
    Brescia, Unione tipo-litografica bresciana,1940


    Marco Ferrari , La più antica industria chimica del Trentino tuttora in attività: l’industria della magnesia in Valle di Ledro, in Bel Trentino, Rivista del Circolo trentino di Milano, 1977, p.14-8.


    Dal Bosco G., Val di Ledro: storia di una fabbrica, e di troppi operai morti: dava il pane ma toglieva il respiro, in Vita Trentina, a. 57, n. 40 (1982:7)
    Toccoli M. Molina., Le famiglie raccontano: testimonianze, notizie ed immagini del XX secolo, Riva del Garda, Grafica Tonelli 2008


    Carlo Cis, Paolo Cis, La famiglia Cassoni di Pieve. Bortolo, Pietro Antonio e Bartolomeo Cassoni: chimici, farmacisti e industriali, Riva del Garda, Tipografia Tonelli, 2010


    Alessandro Riccadonna, Stefano Salvi, Acqua e fuoco al lavoro. Tracce di antiche attività in Valle di Ledro, Arco, Grafica 5, 2012


    Lorenza Donati, Alice Righettini, Agnese Rosa. Una donna per la sua comunità, Mori, La Grafica, 2016


    La lista di Candido. I lavoratori della Collotta & Cis di Molina di Ledro tra magnesia, amianto e lavoro
    a cura di Associazione Araba Fenice e dott. Giuseppe Parolari, ricerca storica, socio-economica e sanitaria (grazie al sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto)


    Alessandro Fedrigotti, Alessandro Riccadonna e Donato Riccadonna, La lista di Candido, Riva del Garda, edito dal MAG, 2018

    La lista di Candido a cura di Associazione Araba Fenice, Circolo Fotoamatori Valle di Ledro, MAG Museo Alto Garda con curatela di Luca Chistè, Riva del Garda, MAG mostra documentale video e fotografica


    Alessandro Fedrigotti, Alessandro Riccadonna, Donato Riccasonna., “Candido’s List”: the workers of Collotta Cis & Figli at Molina di Ledro in Trento Province, Italy. A tale of magnesia, asbestos and work / Annali Istituto Superiore Sanità 2019 | Vol. 55, No. 1: 90-93 / DOI: 10.4415/ANN_19_01_16, efaidnbmnnnibpcajpcglclefindmkaj/https://www.iss.it/documents/20126/45616/ANN_19_01_16.pdf Giuseppe Parolari, An outbreak of cancer and asbestosis among former amosite-exposed subjects in Ledro Valley, Italy. From discovery to environmental cleanup, Annali Istituto Superiore Sanità 2019 | Vol. 55, No. 1:80-89 / DOI: 10.4415/ANN_19_01_15

    Roberta G. Arcaini, Anna Vittoria Ottaviani, Gianluca Pederzini, Mantenere memoria. documentazione di donne trentine in politica e nell’associazionismo, Trento, Società di studi trentini di scienze storiche, 2019.

  • via di Pastei, Molina di Ledro, TN
    45.87266, 10.76376
    foto: Paola Malcotti - 2020

    Anno di realizzazione: fine Ottocento
    Committente: Ignazio Wizmann
    Stato attuale: abbandonato ma attenzionato da un progetto preliminare di riqualificazione del Comune e del Muse
    Proprietà attuale: Comune di Molina di Ledro
    Funzione/funzioni: Albergo “Villa Austria” poi, dopo la fine della grande guerra “Villa Savoia al Lago” ma durante il periodo fascista colonia estiva ed elioterapica e poi dal 1949 colonia INAM (Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro le Malattie)-ENAL (Ente Nazionale Assistenza Lavoratori), per i figli dei lavoratori

    Che funzione avrà in futuro: .................................................................................................... ....................................................................................................

    Cosa sappiamo: “L’ex Colonia di Molina fu costruita alla fine dell’Ottocento per volere di Ignaz Wizmann (proprietario allora dell’Hotel Du Lac) era nota come “”Villa Austria””, perchè meta rigenerante di villeggiatura per i nobili dell’imperto Austro-Ungarico. Con la fine della Grande Guerra mutò nome in “”Villa Savoia al Lago”” mantenendo la destinazione turistica. Dopo il fallimento dei proprietari (1934) rimase in sospeso fino all’epopea delle colonie estive. Acquisita a livello statale nel 1935, la “”Colonia Montana Pietro Montanari”” aumentò i propri volumi e per 23 anni vide soggiornare centinaia di bambini bresciani. L’utilizzo si interruppe durante la seconda Guerra Mondiale, nel 1944 venne occupata dalle truppe tedesche (200 soldati) che, prossime alla fuga, lanciarono le armi nel lago. Dal 1949 il plesso venne acquisitio dall’INAM di Brescia, soppresso nel 1977 e sostituito dall’INPS che in collaborazione con l’ENAL, ente nazionale di assistenza ai lavoratori (nato nel 1945), si occupò dell’assistenza ai figli dei lavoratori attraverso le colonie climatiche di Cattolica e di Molina. Abbandonato, venne acquisito allo Stato per il tramite della Provincia di Trento, dal Comune di Molina nel 1990. Negli anni ci sono state doverse proposte per riprendere in mano lo stabile sfruttando tutti gli elementi chiave che hanno riguardato questo luogo. Non si dovranno trascurare i circa 18.000 mq di parco e bosco che circondano tutti i volumi. Oggi il Muse - nella sua sede territoriale del Museo delle Palafitte di Ledro - ed il Comune di Ledro ha sottoposto alla comunità ledrense un’idea per lanciare nel futuro questo luogo storico.”

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    riferimenti bibliografici
    scheda sviluppata con la collaborazione di Mattia Roccadonna e Alessandro Fedrigotti

    Ettore Ettore, Attraverso la Val di Ledro, Ledro, Cigalotti Ettore, 1974

    Angelo Foletto, 1901. La Valle di Ledro. Cenni geografi ci, statistici e storici con guida e carta corografica, Parma, Grafiche Step Editrice, edizione 1987

    Bortolo Degara, Le industriose genti di Molina e Legos. Briciole di storia, Molina di Ledro, Cassa rurale di Molina di Ledro, 1997

    Michele Toccoli, Molina di Ledro. Le famiglie raccontano: testimonianze, notizie, immagini del XX secolo delle comunità di Barcesino, Legos e Molina - Volume 1, Riva del Garda, Comune di Molina di Ledro, Tipografia Tonelli, 2007

    Alessandro Fedrigotti, Le palafitte nel cassetto dei ricordi. 1929-2009: 80 anni di archeologia a Ledro, Monografie del Museo Tridentino di Scienze Naturali, Trento, 2010

6_Rovereto, Vallagarina e Altipiani Cimbri

  • Folgaria, TN
    45.91572042721098, 11.228977054221522
    foto: Censimento SEDOTTIeABBANDONATI - 2020

    Anno di realizzazione: 1911-1914 Progettista: Primo tenente Eugenio Luschisky, in seguito Capitano Karl von Barta
    Costruttore: Primo tenente Eugenio Luschisky
    Committente: Genio militare austro-ungarico - Imperiale e regio Esercito
    Stato attuale:
    parzialmente distrutto, rudere
    Proprietà attuale:
    pubblica, Comune di Folgaria Funzione/funzioni: opera difensiva e di controllo

    Che funzione avrà in futuro: .................................................................................................... ....................................................................................................

    Cosa sappiamo: Terzo caposaldo dello Sperre Folgaria, Forte Cherle si posiziona a poco più di 2 chilometri dal confine di guerra. Durante lo scontro fu bombardato ripetutamente dalla fortificazione italiana Campomolon, che per posizione e potenza di fuoco gli era nettamente superiore. Abbandonato dai suoi soldati, l’esercito italiano se ne impossessò dal novembre 1918. Con il Regio Decreto nel 1927 fu radiato dalle opere militari e iniziò il suo declino, con gravi danni da parte dei recuperanti del ferro, anche con l’utilizzo di dinamite. Solo un intervento degli anni Novanta permette ancora oggi una parziale visita al suo interno. Dal rudere contemporaneo infatti, è ancora possibile intravedere la struttura originale divisa in due corpi di fabbrica collegati da un corridoio: il primo ospitava gli alloggi dei soldati, il secondo invece il blocco delle batterie.

    Curiosità: Il suo nome originario, Cherle, è stato sostituito in Sebastiano - grazie alla vicinanza della piccola frazione di San Sebastiano - per evitare di confornderlo con il Forte Verle.

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    riferimenti bibliografici
    1914-1918. La grande guerra sugli altipiani di Folgaria, Lavarone, Luserna, Vezzena, Sette Comuni, M. Pasubio, M. Cimone e sugli altri fronti di guerra, a cura di Tullio Liber, Ugo Leitempergher, Andrea Kozlovic, Vicenza, Gino Rossato editore,1988

    Fernando Larcher, Folgaria Magnifica Comunità a cura del Comune di Folgaria, Trento, Publistampa Pergine, 1995

    Aldo Forrer, Guida lungo la fronte austroungarica e italiana sugli altipiani di Folgaria Lavarone Luserna e Tonezza del Cimone, Rovereto, Ed. Manfrini, 2003

    Antonio Zandonati, Passo Coe 1915-1916: la Grande Guerra sugli Altipiani, Panorama, Trento, 2004

    Fernando Larcher, Folgaria, Lavarone, Luserna: Guida agli Altipiani trentini, Trento, Euroedit, 2008

  • via Marsilli, Rovereto, TN
    45.88570393095527, 11.046915275936163
    foto: Francesco Franzoi - Il Fotogramma - 2020

    Anno di realizzazione: Non definita - indicativamente 1617 prime prove della sua esistenza - Ristrutturazione 1920
    Costruttore: Ristrutturazione 1920 impresa G.B. Fait - Martini - Sartori
    Committente: G. Batta, Giuseppe e Barbara Saibanti e Francesco Risatti di Verona
    Stato attuale: in completo disuso e in condizione di degrado Proprietà attuale: mista privato - privato con interesse pubblico Funzione/funzioni: filatoio - fabbrica di berretti - lanificio. Negli anni ha subito parecchi cambiamenti di destinazione d’uso, sempre in ambito industriale/artigianale

    Che funzione avrà in futuro: .................................................................................................... ....................................................................................................

    Cosa sappiamo: Costruito indicativamente nel 1617 nella zona del Zambel, sulla sponda sinistra del Leno all’altezza della città di Rovereto, apparteneva a G. Batta, Giuseppe e Barbara Saibanti e Francesco Risatti di Verona. Nel 1677 fu venduto a don Francesco Segala. Dal documento di compravendita si apprende che il filatoio si trovava in cattivo stato, con soli 8 varghi. Nel 1700 don Segala eresse il mulino, mosso da due ruote, grazie anche all’impiego di una parte del vecchio filatoio. Nel 1725 lo si trova in proprietà di Paolo Segala, che lo passò poi a sua volta alle figlie. All’epoca lo stabile non era sotto il comune/territorio di Rovereto ma sotto quello di Trambileno e si riesce a dedurre, attraverso un documento del 1787, la sua trasformazione in una vera e propria fabbrica, nella quale si comincia a lavorare la seta alla bolognese con l’incannatoio. Successivamente, attorno al 1817, si hanno le prove del passaggio del filatoio ai conti Alberti, che lo diedero prima in affitto e poi a titolo definitivo al negoziante di sete Andrea Marsilli. In questi anni la zona al Zambel, di Rovereto, inizia a prendere maggior vita, sino ad ospitare il filatoio stesso e una filanda, un mulino e una beccheria. Nel 1873, fermo da alcuni anni, il filatoio cominciò ad andare in disuso, fino a che nel 1885 non venne definitamente venduto alla ditta Frisinighelli, che disfandosi del mulino adattò lo stabilimento alla produzione della Lana, questo accadde nei primi anni del ‘900. Attraverso i racconti del nipote del proprietario dell’epoca (Luigi Frisinghelli) Le macchine andavano con le rogge con l’acqua del torrente Leno che scende dalla Vallarsa, muovendo i telai del lanificio. La roggia Pagliari era il polmone che faceva muovere l’intera zona artigianale al Zambel nei primi anni del 1900. Lungo tutta la zona all’epoca si trovavano una serie di artigiani come le segherie o il berrettificio Serra, piuttosto che la Laneria Frisinghelli. Dopo la Prima Guerra Mondiale si ebbe il primo cambiamento di attività artigianale, da lanificio a berrettificio, diventando poi una caserma degli alpini e un magazzino, fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Dopo l’8 settembre arrivò la Cofler, azienda che produceva punte da trapano e fucili, portata lontano dalla zona adiacente alla ferrovia, com’era in precedenza, per evitare i bombardamenti. Finita la Seconda Guerra Mondiale, subentrò l’ottica Leonardo, che negli anni si trasformò poi in Luxottica. Dopo di che arrivò l’Adler, per una decina d’anni, si produssero freni. Una delle ultime aziende a trasferirsi nella stabile fu la Marangoni, storica azienda roveretana per importanza e fama internazionale, che in tale luogo cominciò la produzione delle fasce per ricoprire i copertoni. Gli anni successivi, dalla seconda metà del ‘900 in poi, furono anni di degrado e inutilizzo dello stabile, fino ad arrivare ai giorni d’oggi, dove lo stabilimento è lasciato al suo degrado più totale, senza alcun piano di recupero o di riutilizzo.

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    riferimenti bibliografici
    Scheda sviluppata con la collaborazione di Federico Zoller. Rovereto 1919-1939: autoritratto di una città, a cura di Laboratorio di storia di Rovereto, collana Materiali di lavoro, Osiride, Rovereto 1996.

    Rovereto 1919-1939. Economia e società, scuola, salute e sanità, sport, Studi - Volume 1, a cura di Laboratorio di storia di Rovereto, Nicolodi, Rovereto 2000.

    Giuseppe Chini, I filatoi di Rovereto, Sacco e Lizzana, Rovereto (TN), Mercurio, 1912, p26-27.

  • via Gorga, 10, Mori, TN
    45.836355, 11.000690
    foto: Laura Zinetti - 2020

    Anno di realizzazione: 1926-1928 Committente: S.I.D.A. (Società italiana dell’alluminio), nata da un accordo tra la Montecatini e la tedesca V.A.W. (Vereinigte Aluminium Werke), quest’ultima detentrice di un essenziale brevetto per la produzione dell’allumina
    Stato attuale: totale abbandono / richiesta di abbattimento
    Proprietà attuale:
    pubblico, Trentino Sviluppo spa
    Funzione/funzioni:
    stabilimento di Mori per la produzione dell’alluminio in pani

    Che funzione avrà in futuro: .................................................................................................... ....................................................................................................

    Cosa sappiamo: La storia della Montecatini inizia nel 1925, quando l’industria annunciò la volontà di costruire uno stabilimento sulla sponda destra dell’Adige, all’altezza di Mori. Il luogo era naturalmente dotato di un notevole aumento della pendenza dell’alveo del fiume Adige in corrispondenza di Mori, cosa che avrebbe consentito il proficuo utilizzo della sua portata attraverso impianti idroelettrici a bassa caduta. Lo stabilimento vero e proprio, ultimato nel 1928, fu costruito dalla S.I.D.A. mentre la centrale elettrica collegata fu realizzata dalla Società Elettrica Alto Adige, sempre del gruppo Montecatini, che la passò all’industria una volta conclusi i lavori. Tra il 1972 e 1973 lo stabilimento (divenuto Montedison) venne ceduto all’E.F.I.M. , attraverso la consociata MCS e in quest’occasione il nome mutò in Alumetal S.p.a.. Nel campo della lavorazione dell’alluminio, quella di Mori è stata una fabbrica all’avanguardia sotto l’aspetto tecnologico e dell’organizzazione del lavoro, un modello cui nel primo ‘900 tutta l’Europa ha guardato con attenzione: fu il primo impianto in Trentino a sfruttare per il proprio fabbisogno l’energia che in loco si creava; il suo canale di derivazione era il più lungo fino ad allora costruito in Italia e uno dei più importanti d’Europa . All’interno della centrale idroelettrica erano situate le quattro dinamo più potenti del continente. Durante il secondo conflitto mondiale, la Montecatini fu dichiarata fabbrica di guerra e dipese dalla Fabbriguerra di Bologna. La produzione dello stabilimento riforniva, oltre che quella italiana, anche l’industria bellica tedesca e, tranne alcune classi di giovani, gli operai dei forni non furono chiamati alle armi. Fu in questo periodo che si toccò il numero massimo di dipendenti, che raggiunse le 1224 unità. In quel periofo fu bombardata l’officina meccanica e una paratoia della diga, con successiva fermata della centrale, fu anche minata l’area circostante ma, ciononostante, la fabbrica lavorò sempre a pieno ritmo. La Montecatini diede una grande spinta alla Vallagarina dal punto di vista economico, risollevando molte famiglie dagli anni bui del dopoguerra, ma fu anche oggetto di numerose polemiche e scontri di piazza a causa dei danni provocati dalle emissioni nocive nell’aria. In particolare con il fenomeno delle macchie blu su persone, animali e piante, causato dall’inquinamento prodotto dagli impianti. Fu una pagina dolorosa per il territorio, che generò paura e tensioni tra i coltivatori dei terreni circostanti (che premevano per la chiusura della fabbrica), gli operai assunti (che minimizzavano i danni per paura di perdere il lavoro) e la dirigenza della fabbrica (che, mentre sul piano ufficiale dichiarava la propria estraneità all’inquinamento, accordava ai contadini dei risarcimenti per i danni subiti). A fasi ripetute si arrivò alla sospensione della produzione e a scontri sociali tra lavoratori e persone colpite da queste manifestazioni. In seguito al calo delle vendite, a problemi organizzativi e di mercato dopo una lunga lotta sindacale, l’attività produttiva venne interrotta il 3 novembre 1983. Successivamente lo stabilimento venne dismesso, le attrezzature vendute o cedute, e l’azienda funzionò con pochi addetti solo per il disbrigo di queste pratiche, fino al 1991. A dieci anni dalla chiusura dell’impresa, nel 1993 l’intera zona industriale venne acquistata dalla Tecnofin Strutture per la Provincia Autonoma di Trento. In questi ultimi anni la Montecatini è diventata un luogo molto ambito e richiesto come location cinematografica, fotografica e di interesse architettonico. La PAT ne ha deciso per la demolizione dell’area con la delibera del 2023.

    Curiosità: Lo spazio industriale abbandonato è ripreso e fotografato da molti amatori e professionisti tra cui citiamo il cantautore italiano Marco Mengoni vi ha girato alcune scene del videoclip della canzone “Guerriero”, il primo estratto dal terzo album in studio “Parole in circolo” e pubblicato il 21 novembre 2014. Il video è stato realizzato in collaborazione con Trentino Film Commission.

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    riferimenti bibliografici
    Alumetal (ex Montecatini). Stabilimento di Mori. Inventario dell’archivio (1926 - 1991), a cura di Emanuela Pandini, Ines Parisi, Chiara Bruni - A.R.Coop. s.c. - Rovereto, Ente responsabile, Comune di Rovereto - Biblioteca civica “”G. Tartarotti””, Istituto archivistico Comune di Rovereto, Biblioteca civica e Archivi storici. https://www.cultura.trentino.it/archivistorici/inventari/3807262”

    Virginia. Crespi Tranquillini, Montecatini. Storia di un’industria, Cassa rurale di Mori, Mori, 1993, https://museimpresa.com/bibliografia/montecatini-storia-di-unindustria/

    Diego Leoni Fulvio Irace Antonello Agolino, La Montecatini di Mori. Acqua, aria, energia elettrica, Collana Le Terrenr. 2, Nicolodi, Rovereto, 2000

    Quello che resta. Sulle tracce della memoria della Montecatini di Mori, a cura e regia di Micol Cossali (con Bruno Sigona, Emanuele Cerra, Clara Setti, direttore della fotografia Marco Chiusole, sonorizzazione Christian Marchi, operatore Elia Giordani)

    Il caso Montecatini-Alumetal di Mori, a cura dell’Urban Center del Trentino, online https://web.archive.org/web/20140923015815/http://www.ambientetrentino.it/urbancenter/alumetal/storia.html

    Montecatini, a cura del Comune di Mori, online, https://www.comune.mori.tn.it/La-citta/Storia-e-punti-di-interesse/Storia/Montecatini

    L’ex Montecatini di Mori, a cura delle classi seconde B, C e del Laboratorio di teatro dell’I.C. Mori-Brentonico, plesso scuola secondaria di primo grado di Mori, a.s. 2016-2017, online, https://exmontecatinidimorisite.wordpress.com/

  • via Parteli, Rovereto, TN
    45.896669, 11.035772
    foto: Francesco Franzoi - Il Fotogramma - 2020

    Stato attuale: abbandonata totalmente
    Proprietà attuale: proprietà privata
    Funzione/funzioni: Società Anonima Brevetti Ing. Radi SABIR - produzione di apparecchiature termoelettriche


    Che funzione avrà in futuro: .................................................................................................... ....................................................................................................

    Cosa sappiamo: L’area dell’Ex Agraria a nord della San Pietro fu acquistata dalla Società Anonima Brevetti Ing. Radi SABIR (fondata dall’ing. Radi) per la produzione di apparecchiature termoelettriche e fu attiva a Rovereto dal 1927. Le officine producevano lampade a fluorescenza e scaldabagni brevettati dall’ingegnere fondatore. La superficie territoriale è pari a 12440 mq e quella attualmente coperta è di 8220 mq. L’insediamento produttivo attualmente è in stato di abbandono ed è composto da sette manufatti produttivi. Una procedura fallimentare e il frazionamento delle proprietà (privata) oscacolano al momento possibili piani di riconversione e recupero.

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    riferimenti bibliografici
    PAT - Soprintendenza per i Beni culturali - Determinazione del dirigente n. 981 del 09/11/2018

    Il futuro post-industriale, dopo gli scaldabagni, a cura della redazione di Rigeneriamo il territorio, 20/09/2021, online, https://www.rigeneriamoterritorio.it/il-futuro-post-industriale-dopo-gli-scaldabagni

    Rovereto 2020_Piano di Azione per la Rigenerazione Urbana, a cura del Comune di Rovereto per il XXX Congresso RUN, https://www.rassegna.inu.it/content/uploads/2019/05/Comune-di-Rovereto-1-5.pdf

  • via Ponte S. Giovanni 38064 Folgaria, TN
    45.917681272908446, 11.167446610884927
    foto: Silvia Filz - 2023

    Anno di realizzazione: 1966
    Progettista: ing. Renzo Angheben (n.408 Ordine Ingegneri Trento)
    Costruttore: ditta Fluvio Nascivera
    Committente:
    Funivie Monte Cornetto s.p.a. - allora presidente Targher dott. Rolando
    Stato attuale: in abbandono dal 2007
    Proprietà attuale:
    privato
    Funzione/funzioni:
    impianto di risalita


    Che funzione avrà in futuro: .................................................................................................... ....................................................................................................

    Cosa sappiamo: Il 15 aprile 1965 venne presentato in Comune di Folgaria il progetto della costruzione delle stazioni motrice e di rinvio della cabinovia del Cornetto e di un bar-ristorante sulla p.f. 6100/2. La Commissione Edilizia approvò il progetto il 6 settembre 1965. La Soprintendenza ai Monumenti ed alle Gallerie per le Provincie di Trento e Bolzano, nel febbraio del 1966, prescrisse che la copertura del fabbricati fosse realizzata in scandole lignee o con materiale laterizio engobato (darà prescrizioni anche sul tono di colore delle cabine, indicando un grigio/verde smorto). Nel 1994 venne depositato l’ultimo titolo edilizio riguardante l’interramento dei comandi e del telefono della telecabina. L’edificio mappato riguarda la stazione motrice della funivia che univa il centro dell paese di Folgaria al Rifugio Paradiso. In attività dal 1966 al 2007. Lunghezza: 1987 m, dislivello: 453 m (Folgaria 1183 mslm. - Rifugio Paradiso 1636 mslm.), portata: 508 pers./h.

    Curiosità: Il padre una di noi di SEDOTTIeABBANDONATI in gioventù ci lavorò per la stagione invernale 1969/70 come impiegato alla biglietteria!

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    riferimenti bibliografici
    Dalla bidonvia che scalò il Cornetto alla produzione dei “gatti” Shneider, articolo del giornale FOLGARIA, marzo 2013, copia online https://www.yumpu.com/it/document/read/52152740/tutte-le-pagine-fernandolarcherit

    Documentazione tecnica reperita presso l’Ufficio Tecnico del Comune di Folgaria

  • via Valluga I, 85, Bosco della Città, Rovereto, TN
    45.902637, 11.052082
    foto: Federico Zoller - 2023

    Anno di realizzazione: 1968 e mai terminato per la mancanza di risorse e la liquidazione dell’Anmil
    Progettista: Ingegner Luciano Perini
    Costruttore: Impresa edile Marsilli (Rovereto) - Direttore lavori: Flavio Perini
    Committente: Associazione nazionale mutilati ed invalidi
    Stato attuale:
    abbandonato dal 1973
    Proprietà attuale: pubblico, Trentino Sviluppo spa
    Funzione/funzioni: centro nazionale di riabilitazione motoria per gli invalidi sul lavoro


    Che funzione avrà in futuro: .................................................................................................... ....................................................................................................

    Cosa sappiamo: La progettazione e la costruzione del complesso Ex Anmil si prolungarono dal 1968 al 1973, quando, ad edifici quasi ultimati, venne abbandonato dall’Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi del Lavoro. Scopo della struttura era quello di offrire agli invalidi e mutilati del lavoro un ambiente salubre e rilassante per riacquistare la salute, di provvedere alla loro rieducazione professionale con l’assistenza di medici, fisioterapisti specializzati e di attrezzature specifiche, di controllare e/o realizzare le protesi e gli apparecchi ortopedici necessari. Il progetto originale dell’Ing. Luciano Perini era quello di realizzare una vera e propria cittadina dedicata alla riabilitazione dei lavoratori mutilati. In tal senso, il primo progetto prevedeva la realizzazione di sette padiglioni, in modo da ospitare le famiglie degli utenti, dedicando loro degli spazi specifici. Ne vennero realizzati solamente due, il padiglione residenziale, ultimato fino alle sue finiture, e il padiglione dei servizi, lasciato incompiuto con la sola parte portante finita per l’interruzione del cantiere nel 1973. L’area interessata misura circa 3,5 ettari e la struttura è composta da due edifici, realizzati entrambi su tre livelli, per un totale di circa 9.000 metri quadrati di superficie di piano e più di 35.000 metri cubi. La particolarità architettonica più rilevante, che doveva contradistinguere entrambi i padiglioni, è l’articolazione delle parti in continuo snodarsi e ricomporsi dei vari elementi, dettato dalle molteplici esigenze distributive e dall’altimetria del terreno, tale da creare un’immediata unione con gli elementi naturali. Questa specificità costruttiva va a definire sia gli spazi interni sia la composizione architettonica generale. Non sono strutture con particolari finiture o ornamenti, ma sottolineano le grandi doti del calcestruzzo, che permette la realizzazione di forme plastiche e sinuose. Grande attenzione era stata posta alla spazialità interna definita da un uso sapiente dell’ illuminazione natruale, con tagli di luce verticali e orrizonatali. Ogni dettaglio è ancora la, a memoria di questo grande filtro tra il mondo antropizzato e la natura del bosco.

    Curiosità: Fino a metà anni ‘80 circa, il complesso ex ANMIL fu tenuto in perfetta condizioni grazie ad un custode che sorvegliava giorno e notte la struttura. L’amministrazione pubblica, dopo il fallimento dell’associazione e l’interruzione del cantiere, pensava di poter riattivare e utilizzare in futuro dale struttura, cosi non fu. Non appena il complesso smise di essere sorvegliata venne saccheggiato il padiglione residenziale, fu sguarnito di tutto ciò che poteva essere di valore, compresi gli infissi e i sanitari.

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    riferimenti bibliografici
    Le interviste di SeA | Luciano Perini, a cura della redazione di SEDOTTIeABBANDONATI, Trento, 2021, online, https://www.youtube.com/watch?v=6Yh7A118zww

  • via Bellavista II, Rovereto, TN
    45.898242, 11.049193
    foto: Fabio Bolfi - 2023

    Committente: Missionari della Consolata
    Stato attuale: chiusa nel 1987, abbandonata in attesa di rifunzionalizzazione
    Proprietà attuale:
    privata
    Funzione/funzioni: “Villa Botta”, seminario missionario della Consolata (dalla fine della Seconda Guerra Mondiale)

    Che funzione avrà in futuro: .................................................................................................... ....................................................................................................

    Cosa sappiamo: Quella di Rovereto fu la prima casa dei missionari della Consolata, esterna al Piemonte, dopo la fondazione nel 1901 dell’Istituto torinese ad opera del Beato Giuseppe Allamano (1851-1926). Era infatti il 25 luglio 1925 quando giunse nella Città della Quercia padre Umberto Bessone per preparare ed aprire la “scuola apostolica” presso il santuario lagarino. Solo pochi giorni prima (17 luglio), l’arcivescovo di Trento, mons. Celestino Endrici, aveva approvato la richiesta, presentata dai vertici dell’Istituto torinese, di aprire in Rovereto una “scuola apostolica nell’intento di raccogliere vocazioni giovanili per le opere missionarie e provarle alquanto localmente prima di inviarle ai propri collegi di formazione”. Si partì con 10-12 giovani, dei quali undici furono ordinati sacerdoti nel 1936. Il primo a partire fu padre Ruggero Angheben, della Vallarsa, che già in quell’anno raggiunse l’Etiopia. Il numero di giovani crebbe talmente – nei ritiri si arrivava anche a 50/60 presenze – che l’Istituto, alla fine della seconda guerra mondiale, comperò “Villa Botta”, in via Bellavista, sulla collina, trasformandola in un attrezzato seminario missionario. Anni di intensa attività fino al 1987, quando rimasta con dodici seminaristi, di cui solo due trentini, la struttura venne chiusa. Il Piano regolatore ha destinato l’area a funzioni di interesse pubblico. I proprietari e l’Ente pubblico stanno discutendo sul futuro dell’area mentre il degrado se ne sta impossessando sempre di più.

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    riferimenti bibliografici
    Dove osano gli aquilotti, articolo a cura di Benedetto Bellesi, Rivista Missioni Consolata, 2003, online, https://www.rivistamissioniconsolata.it/2003/06/01/dove-osano-gli-aquilotti/

  • SP143 Terragnolo, TN
    45.87974706891609, 11.188305125384323
    Foto: Censimento SEDOTTIeABBANDONATI - 2020

    Anno di realizzazione: 1911-1914
    Progettista:
    Ing. Capitano R. Mejer, in seguito Capitano Karl von Bedekovic
    Costruttore:
    Ing. Capitano R. Mejer
    Committente: Genio militare austro-ungarico - Imperiale e regio Esercito
    Stato attuale:
    parzialmente distrutto, rudere
    Proprietà attuale:
    pubblico, Comune di Folgaria
    Funzione/funzioni: opera difensiva e di controllo

    Che funzione avrà in futuro: .................................................................................................... ....................................................................................................

    Cosa sappiamo: Tra le più moderne della cintura corazzata degli altopiani, il forte faceva parte dello Sperre Folgaria, con l’obiettivo primo di bloccare la risalita dalla valle di Terragnolo e del versante settentrionale del Pasubio. Sotto il comando del Capitano Leo Schwarz fu bombardato numerose volte senza subire gravi danni ma non fu mai assalito dalla fanteria italiana. Fu radiato dalle opere militari per poterne recuperare il ferro, diventando di proprietà del comune di Folgaria il 18 agosto 1935. Il corpo delle casematte è organizzato su tre piani, con un andamento longitudinale di 90 metri e una larghezza di 8. Un secondo corpo si aggiunge al principale, con due piani sotterranei e accesso sulle cupole di copertura. Una galleria di 300 metri porta verso Val Terragnolo e si conclude con una caverna armata e due cannoni.

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    riferimenti bibliografici
    1914-1918. La grande guerra sugli altipiani di Folgaria, Lavarone, Luserna, Vezzena, Sette Comuni, M. Pasubio, M. Cimone e sugli altri fronti di guerra, a cura di Tullio Liber, Ugo Leitempergher, Andrea Kozlovic, Vicenza, Gino Rossato editore,1988

    Fernando Larcher, Folgaria Magnifica Comunità a cura del Comune di Folgaria, Trento, Publistampa Pergine, 1995

    Aldo Forrer, Guida lungo la fronte austroungarica e italiana sugli altipiani di Folgaria Lavarone Luserna e Tonezza del Cimone, Rovereto, Ed. Manfrini, 2003

    Antonio Zandonati, Passo Coe 1915-1916: la Grande Guerra sugli Altipiani, Panorama, Trento, 2004

    Fernando Larcher, Folgaria, Lavarone, Luserna: Guida agli Altipiani trentini, Trento, Euroedit, 2008

  • via S. Maria 66, Rovereto, TN
    45.88474, 11.04304
    Foto: Sabrina Bortolotti - 2024
    Anno di realizzazione: 1730
    Committente: comunità della Regola di Lizzana
    Stato attuale:
    parzialmente abbandonato
    Proprietà attuale:
    pubblica, Comune di Rovereto
    Funzione/funzioni: residenza

    Che funzione avrà in futuro: .................................................................................................... ....................................................................................................

    Cosa sappiamo: Nel 1728 il palazzo, fatto costruire dalla comunità della Regola di Lizzana, fu acquistato dalla famiglia Betta. Al momento del passaggio di proprietà, l’edificio era ancora incompleto e fu terminato solo nel 1730. Il piano nobile di palazzo Betta-Grillo risulta estremamente rappresentativo della raffinatezza e del lusso che si erano diffusi nelle abitazioni patrizie di Rovereto nel corso del Settecento. I cicli pittorici testimoniano inoltre l’amore per l’arte e l’elevato livello culturale della committenza, elementi chiave di un periodo contraddistinto da una grande vivacità intellettuale. Palazzo Betta-Grillo custodisce al suo interno un importante ciclo pittorico composto da sette tele di grande formato raffiguranti episodi della vita di Mosè. L’autore dei quadri è Gasparantonio Baroni Cavalcabò, uno dei più importanti artisti lagarini del XVIII secolo, che in questo caso lavorò in collaborazione con il più anziano cugino Giovanni, anch’egli pittore. Estremamente interessante è anche il salone del piano nobile del palazzo che costituisce un unicum nell’architettura della Vallagarina tra il XVIII ed il XIX secolo. Questo spazio di rappresentanza è caratterizzato da una cupola ellittica a lacunari dipinta sul soffitto con effetto illusionistico e da due diaframmi, realizzati mediante vere colonne di marmo rosa, che suddividono lo spazio interno in tre ambiti distinti. Alle pareti si può ammirare un ciclo pittorico che raffigura scene tratte dall’Orlando Furioso. Tali dipinti furono realizzati sul finire del Settecento da Giovanni di Dio Galvagni, artista originario di Isera. L’edificio si è poi salvato dai bombardamenti effettuati durante il secondo conflitto mondiale e, grazie ad una manutenzione leggera e costante, dal degrado dovuto al trascorrere degli anni. Il giardino storico conserva intatto l’assetto di fine Ottocento ed offre un ampio campionario delle specie botaniche ornamentali diffuse in quell’epoca. Palazzo Betta-Grillo è anche la casa natale di Lionello Fiumi (1894-1973) poeta, critico, saggista e narratore di caratura internazionale. Nel 1899 l’edificio fu acquistato dalla famiglia Grillo. Ora il palazzo è di proprietà comunale, in quanto l’ultima discendente della famiglia, la professoressa Maria Angelica Grillo, lo ha donato alla città di Rovereto nel settembre 2017.

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    riferimenti bibliografici
    Scheda sviluppata con la collaborazione di TommasoMartini, Andrea Frisinghelli e Massimo Eccli - Associazione Quercus - Rovereto

7_Trento e Valle dell’Adige

Pubblicazione: gennaio 2024

8_Valli di Fiemme e Fassa

  • Capriana, TN
    46.262250825850124, 11.344630827768134
    foto: Sabrina Bortolotti - 2023

    Anno di realizzazione: 1910 circa Abbandonato dal: almeno dal 2000 Proprietà attuale: privato Funzione/funzioni: albergo e ristorante

    Che funzione avrà in futuro: .................................................................................................... ....................................................................................................

    Cosa sappiamo: Fu costruito nel primo decennio del Novecento da una coppia di Piscine di nome Bazzanella. Diventati anziani, i coniugi vendettero l’albergo ad Arcangela di Capriana, che nell’edifcio lavorava come dipendente e che riuscì ad acquistarlo grazie al risarcimento ottenuto per la perdita in un incidente del marito Luigi, emigrato negli USA negli anni Venti. La gestione passò poi al figlio di Arcangela, Luigi Lazzeri, detto “Schnaider” (soprannome derivante dai suoi studi da sarto a Molina) e alla moglie. Il figlio di Luigi, Ivan, ha successivamente perso la proprietà dell’albergo, poi acquistato dalla ditta Misconel di Cavalese, attuale proprietaria. Il ristorante dell’albergo è stato per molto tempo un punto di riferimento per la comunità di Capriana e dintorni, probabilmente anche perchè l’unico del paese.

    Fatto storico: 4 maggio 1945 - LA RAPPRESAGLIA di STRAMENTIZZO e MOLINA racconto di Pio Capovilla (all’epoca aveva 9 anni, assistette alla scena con l’amico Franco Dellandrea). ore 13.30 del 3 maggio 1945 - Miravalle/Capriana. Si volge qui il prologo dell’eccidio di Stramentizzo e Molina. Dalla curva verso Cembra sbucò una Volkswagen anfibio. Aveva tre militari a bordo con l’elmetto: due davanti e uno dietro alla mitragliatrice, da cui pendeva un lungo nastro di cartucce gialle. Sugli sportelloni d’acciaio verde scuro era dipinto l’emblema della Croce rossa. L’anfibio si arrestò dinnanzi all’Albergo Miravalle. Proprio in quell’istante dalla parte opposta sbucò una motocicletta con due armati. Ci fu una sparatoria, alcune raffiche di mitra finirono sulla porta dell’albergo. Due tedesci morirono nella sparatoria e il terzo, un ufficiale medico che era alla mitragliatrice, rimase gravemente ferito e portato all’interno dell’albergo per ricevere cure. Per questo venne chiamato il medco condotto di Valfloriana, il dott. Ciro Nardelli. Poco dopo sbucaro tre camion carichi di soldati tedeschi. Ci fu un fuggi-fuggi generale, da un camion tedesco partì un colpo di “panzerfaust” che sfondò due finestre dell’albergo. Il signor Capovilla ricorda di aver visto i tedesci caricare due feriti (l’ufficiale medico e il partigiano di orgine tedesca alla guida della moto) sul camion, i due morti sulla Volkswagen e continuare verso Molina. I proprietari del Miravalle avrebbero passato dei seri guai se non si fossero prestati a medicare l’ufficiale tedesco. In paese tutt’oggi gira voce che grazie alla conoscenza del tedesco del dottor Nardelli e del sacerdote di Capriana si sia evitata una rappresaglia tedesca anche nel paese di Capriana.

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    riferimenti bibliografici Testimonianza di Mauro Lazzeri (pronipote di Arcangela);


    Agostino Bortolotti , ‘L nos paes - Molina - Memorie storiche e aneddoti di Molina, Predaia, Castello, Stramentizzo e della Valle di Cadino, Verona, Novastampa di Verona, 1993

  • Molina di Fiemme, TN
    46.271352, 11.420158
    foto: Sabrina Bortolotti

    Anno di realizzazione: 1800 - ricostruita dopo l’alluvione del 1882
    Stato attuale: chiusa dal 1984
    Proprietà attuale: privato
    Funzione/funzioni: ”Doana” fornace di laterzi

    Che funzione avrà in futuro: .................................................................................................... ....................................................................................................

    Cosa sappiamo: Doana è il termine usato nei dialetti della Valle di Fiemme per indicare un luogo, che può essere areato o chiuso secondo l’uso, dove si lavora l’argilla. Quella estratta a Molina, lungo il torrente Avisio, era rossastra. Dopo il 1800 a Molina di FIemme, a sinistra dell’Avisio, sorsero le prime fornaci, le doane dove si lavorava l’argilla per la cottura degli embrici (coppi), tegole e mattoni, che venivano fatti a mano con appositi stampi di legno. Venivano seccati sotto tettoie di legno e poi trasportati con carriole nelle fornaci per la cottura. Vi erano depositati attrezzi per lavorare la creta, stampi per fare tegole, coppi, tubi per condutture d’acqua e tante assicielle per la loro essicazione. Queste formaci vennero spazzate via dall’alluvione del 1882 e subito ricostruite. A Molina, dopo l’alluvione, le doane erano quattro. Tre delle quattro avevano il fumaiolo e si dice che i vari proprietari fossero in gara per avere il fumaiolo più alto degli altri. Di tutte le doane e delle fornaci di Molina si sono conservati come veri cimeli storici l’alto fumaiolo, i ruderi della fornace e le tettoie (parzialmente rinnovate) del “Saron”. Nella doana di Vigilio Delmarco, detto “il Saron” si lavoravano laterzi e fu l’ultima a rimanere attiva. Nato in Sud America, Virgilio Delmarco tornò in Italia molto giovane. Della loro avventura in quel continente i nipoti non sanno nulla, ma a ricordo di quell’esperienza rimane la sua casa, con il caratteristico patio dell’architettura coloniale spagnola che fa capolino in via Segherie. La figura del “Saron” fu alquanto singolare. Fu personaggio controverso. Aveva il desiderio di primeggiare sempre su tutti, anche quando non ne aveva le capacità. Si professava ateo e aveva raccolto attorno a sè alcuni idealisti socialisti. A Molina divenne proprietario di fornaci di laterzi e per lavorare nella sua doana era indispensabile essere volenterosi e forti. Gran lavoratore, lui stesso pretendeva che gli operai dipendenti facessero altrettanto. Pagava regolarmente gli stipendi, ma non sprecava soldi per farsi notare. Aspettava i giorni di magra del torrente per attraversarlo, trainando a forza di braccia slittini carichi di argilla, sul peagnol, una sorta di ponticello su cavalletti che il torrente, ingrossandosi, si portava via con facilità. Sul lato sud della doana emergeva il grande cumulo di argilla, lì depositata in attesa di essere lavorata. Dalla fornace dovevano uscire mattoni e tegole ben cotti e refrattari. Il fuoco era alimentato da segatura di legno e controllato a turno da uno dei familiari. Fin che poterono i Delmarco rimasero fedeli all’industria dei laterzi e anche nei difficili anni della Seconda Guerra Mondiale poterono contare anche sulla nuova generazione che stava maturando. Poco dopo si associarono ad altri uomini di buona volontà, già loro dipendenti: la famiglia Seber di Castello, detti “Saùtoli”.
    Le cave della creda di Molina rimasero attive fin quando vennero varate leggi sulla protezione dell’ambiente che salvarono da depauperamento l’area, destinata a diventare il bellissimo “parco di Piazzol”. Venendo a mancare quelle fonti di approvvigionamento i fornelari dovettero accontentarsi dell’argilla reperibile in altri luoghi che però purtroppo era ben lontana dal possedere le qualità che caratterizzavano invece la creda di Molina. Si può ben notare infatti che tegole e coppi realizzati con l’argilla di Molina, anche a distanza di 100 anni, fanno ancora bella mostra di sè sui tetti di molte case. La fornace chiuse formalmente nel 1984, rimanendo ad oggi un luogo inutilizzato.del paese.

    Aneddoto: Brunetto, il figlio più giovane di Virgilio, preferiva avere il turno della sera. Era l’occasione per suonare il violino nel completo silenzio della notte, accompagnato dal gorgoglio dell’acqua del torrente che scorreva vicino. Era musica dolce, che attirava l’attenzione di giovanotti e ragazze, occupati fino a tarda sera nelle vicine industrie dell’imballaggio. Fino allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale la doana Saron fu, di tanto in tanto, un simpatico luogo di ritrovo per la gioventù morigerata di quei tempi.

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    riferimenti bibliografici
    Antonio Betta, “Fornelari” : artigiani della creta di Molina di Fiemme : argille di Piazöl e Scales : cave, “doane”, fornaci, stufe, tegole e coppi, Cromopress (Tipografo), 2012

  • Via Roma, Cavalese, TN
    46.289497251118775, 11.463854928153323
    foto: Sabrina Bortolotti

    Anno di realizzazione: 1927-28
    Stato attuale: chiuso per ristrutturazione a causa di un incendio divampato il 3 marzo 2013
    Proprietà attuale: Comune di Cavalese
    Funzione/funzioni: Teatro e cinema comunale

    Che funzione avrà in futuro: .................................................................................................... ....................................................................................................

    Cosa sappiamo: Il teatro di Cavalese, costruito nel 1928, ha rappresentato uno dei monumenti storici di maggiore prestigio del paese e dell’intera valle di Fiemme. 3 marzo 2013: il teatro di Cavalese va a fuoco. Con ogni probabilità fu un problema con l’impianto elettrico obsoleto. Si era parlato subito della volontà di provvedere in tempi stretti al recupero di uno dei monumenti storici di maggiore prestigio del paese e dell’intera valle di Fiemme ), ma gli anni sono passati, si sono fatte molte discussioni ed anche qualche polemica, ma nei fatti, tutto sembra essere immerso in una preoccupante nube di incertezza. Nel 2014 venne affidata la redazione di un progetto all’ arch. Sergio Facchin, con richiesta di quantificare il danno e predisporre un’ipotesi di costi per la ricostruzione. Le incertezze erano tante e furono fatte due consultazioni popolari per tastare il polso della gente sulle scelte architettoniche da seguire, In due momenti distinti. La prima volta nell’ottobre 2013, attraverso il notiziario comunale, la seconda con un vero e proprio referendum, nel 2017, che per pochissimo non raggiunge il quorum (l’87% dei votanti, però, si dice favorevole al progetto conservativo). Il Comune firma un protocollo di intesa con Patrimonio del Trentino che, nel 2017, affida all’arch. Zattara una nuova progettazione. Quest’ultima suscita diverse perplessità, in quanto prevede un recupero in chiave moderna, poco conservativo. Nel frattempo, una serie di personalità dello spettacolo e della politica locale scendono in campo per favorire una soluzione celere e condivisa. Il nuovo Sindaco di Cavalese, Sergio Finato, il neoconsigliere provinciale della Lega Nord, Gianluca Cavada, ma anche il critico d’arte e presidente del Mart Vittorio Sgarbi e la grande soprano Katia Ricciarelli si dicono favorevoli ad una ricostruzione del teatro quanto più fedele possibile a quello che andò a fuoco. Nel frattempo la Giunta provinciale, entrata in merito al caso, condivise l’idea di ricostruirlo seguendo il progetto conservativo dell’architetto Facchin. Il Consiglio comunale ha approvato nel febbraio 2022 il progetto preliminare di ricostruzione ed è stata richiesta la concessione di un contributo provinciale ad integrazione di quanto già nella disponibilità dell’amministrazione comunale a favore della realizzazione del progetto di ricostruzione conservativa del teatro. Ad oggi però, seppur in continuo fermento, nulla si è realizzato.

    Curiosità: Nel 1951 al Teatro Comunale venne ricordato il 50° anniversario della morte di Giuseppe Verdi con un memorabile concerto eseguito da un centinaio di coristi e da una trentina di musicisti dilettanti convenuti da tutti i paesi della valle che, riuniti in orchestra, proposero i brani più noti del grande maestro di Busseto. Negli anni seguenti il teatro ospitò anche alcune importanti serate di musica lirica, mentre ritornava sul palcoscenico la rinnovata “Filodrammatica” di Cavalese, già in auge prima della guerra, che per molti anni propose commedie d’autore in italiano e dialettali. [...] Il teatro, che all’epoca disponeva ancora dei preziosi scenari realizzati negli anni Trenta, era l’unica sala in valle in grado di proporre una programmazione cinematografica decisamente qualificata, sotto la direzione del direttore Epifanio Gardener. Addetto alle proiezioni e “maschera” era Anselmo Rizzoli, mentre addetta alla cassa per oltre cinquant’anni fuMaria Gelmi. Fino ai primi anni Settanta, nel giardino del bar si esibivano, durante i pomeriggi estivi, rinomate orchestrine che la sera animavano la “Taverna Rossa”, sottostante il teatro. Tra esse va ricordata la celebre “Orchestra Piubeni”. che a que tempo incideva anche dischi di musica leggera. La platea del teatro, trasformata in un festoso salone, ospitava ogni anno i grandi Veglioni di Ferragosto e San Silvestro, mentre durante la stagione invernale si tenevano i tre balli tradizionali, dei Pompieri, della Banda e degli Alpini: erano appuntamenti di grande richiamo, sempre frequentati da partecipanti che giungevano anche dagli altri paesi della valle. [...] Il prestigioso “Bar del Teatro”, per tre lustri e fino alla sua radicale ristrutturazione, ebbe suo storico gestore Lorenzo Dagostin, di Daiano [...].

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    riferimenti bibliografici
    Il Valore della memoria. Rievocare, scoprire, tramandare. Cavalese in ottan'anni di cartoline illustrate, a cura di Chiara Felicetti, Cavalese, Nova Print, 2001 ;


    Cavalese - La storia di un borgo antico che ha maturato nei secoli i caratteri di una moderna, dinamica, lungimirante civiltà nel rispetto della propria tradizione identitaria, Enrico Cavada , Italo Giordani, Mauro Nequirito , Vanni Defrancesco, Lucia Longo Endres, Silvano Welponer ed Elio Vanzo, 2014 ;


    Cavalese, il teatro che non c'era, a cura di Zivago inserto culturale, on line, https://www.tm-online.it/cavalese-il-teatro-che-non-cera/,consultato nel giugno 2023;


    Teatro di Cavalese, incendio nella notte, articolo del giornale il Trentino, 04/03/2013, online, https://www.giornaletrentino.it/cronaca/trento/teatro-di-cavalese-incendio-nella-notte-1.760971

  • via Pretura, Cavalese, TN
    46.290542, 11.461174
    foto: Sabrina Bortolotti - 2023

    Anno di realizzazione: anni Ottanta
    Progettista: Pierluigi Spadolini (1922 - 2000), fratello del ben più celebre Giovanni
    Stato attuale: abbandonato
    Proprietà attuale: pubblico - Demanio dello Stato
    Funzione/funzioni: ufficio postale o postale

    Che funzione avrà in futuro: .................................................................................................... ....................................................................................................

    Cosa sappiamo: Il palazzo delle Poste prese il posto del carcere mandamentario adiacente della questura. L’edificio presentava quindi delle alte mura di cinta, un grande giardino, una cantina e al piano rialzato si trovavano l’appartamento custode e le carceri. Quando nel 1976 il custode andò in pensione, l’edificio avrebbe dovuto essere demolito per fare spazio alle poste. Questo passaggio però non accadde mai e ancora oggi l’edificio verte in stato di abbandono. Nel 2016 è stato preso in considerazione per ospitare la Polizia Stradale, ma non è stato ritenuto idoneo. Nel 2022 la Giunta Comunale ha approvato il progetto dello studio di fattibilità redatto dall’arch. Mario Agostini per la riqualificazione dell’area, che prevedeva la demolizione dell’edificio in favore di un nuovo parco pubblico con parcheggio interrato di circa 30 posti. Lionello Vanzo ha invece presentato alcuni progetti per il recupero dell’area (compresa la vicina sede della Magnifica Comunità di Fiemme), ma la proposta non è stata accolta dall’Amministrazione. È stata interpellata in merito la popolazione, interrogandola su quest’area: Il 75% degli intervistati ha dichiarato di essere favorevole all’idea proposta di riqualificare l’area attraverso la demolizione del vecchio edificio per fare posto alla creazione di una grande piazza cittadina, con spazi verdi e parcheggi sotterranei. Il progetto del cubo grigio risale al 1976, quando il Ministero delle Poste e Telecomunicazioni affidò all’arch. Pierluigi Spadolini, fratello del più celebre statista Giovanni, il progetto di uno stabile che doveva essere perfettamente riconoscibile e identificabile dal pubblico e che fosse economico da costruire. Un edificio-macchina ad elevata socialità. Il ministero propose qualche linea guida su come gli spazi dovessero essere organizzati e altre linee guida riguardanti la sicurezza. Spadolini realizzò un sistema modulare che consentiva la costruzione di 12 tipi diversi di edifici, con metrature diverse, ma sempre utilizzando le stesse componenti. Fu uno dei maggiori esperti nel campo della produzione edilizia industrializzata, della progettazione per moduli e della costruzione con pannelli in architettura.

    Aneddoto: In paese l’edificio veniva chiamato Alcatraz, perchè “quando davi un pacco da spedire c’erano i vetri antiproiettili in caso di esplosione”. Si dice che per chi vive nell’immenso territorio di provincia in Italia, l’ufficio grigio delle poste è una presenza lugubre, ma rassicurante. Sempre uguale, sempre lui. Una specie di McDonalds ante litteram.

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    riferimenti bibliografici
    Lionello Vanzo (figlio del custode fino al 1976) - testimonianza orale;

    Beatrice Calamari - testimonianza orale;

    Eleonora Trivellin, Storia della tecnica edilizia in Italia dall’unità ad oggi, Firenze, Alinea Editrice, 1998 pag. 185;

    Pierluigi Spadolini, Architettura e sistema, Edizioni Dedalo, 1985;

    Approvazione in linea tecnica dello studio di fattibiltà e valutazione sintetica della sistemazione del sedime Ex Poste, via Pretura, Piazza Verdi e Piazza Scopoli (CUP B44E21007300004) - Delibera del 28 aprile 2022;

    Pierluigi Spadolini, Design e tecnologia. Un approccio progettuale all’edilizia industrializzata, Bologna, Ediz Luigi Parma, 1974;

    I maestri dell’architettura e del design - Pierluigi Spadolini, a cura dell’ Università degli studi di Firenze, Soggetto, sceneggiatura e regia di Alberto di Cinto, 2015, https://www.youtube.com/watch?v=MOnpp80o9DA

  • via alla Pieve, Cavalese, TN
    46.28798, 11.46068
    foto: Sabrina Bortolotti

    Anno di realizzazione: 1932
    Stato attuale: parzialmente abbandonato - attivo campo sportivo
    Proprietà attuale: Parrocchia di Cavalese - in trattativa di vendita con Comunità di Valle
    Funzione/funzioni: oratorio

    Che funzione avrà in futuro: .................................................................................................... ....................................................................................................

    Cosa sappiamo: Nel 1932 venne inaugurato l’oratorio parrocchiale “San Sebastiano” - allora chiamato ricreatorio- con l’annesso campo sportivo. L’opera, di notevoli dimensioni, fu fortemente voluta dall’arciprete monsignor Pegolotti e fu resa possibile anche grazie al lascito della benefattrice Ottilia Zeni di Cavalese. La costruzione risultava all’epoca una delle più grandi e moderne dell’intero territorio provinciale. Pochi anni più tardi il teatro fu dotato di macchina da proiezione cinematografica, rimanendo in esercizio fino agli anni Novanta. Tale struttura rappresentò per decenni un insostituibile punto di riferimento per generazioni di ragazzi del paese, contribuendo anch’essa a qualificare l’offerta turistica di Cavalese, soprattutto nel secondo Novecento. Non più attiva come cinema da tempo, la chiusura definitiva risale al 2020, ma già da tempo non vi erano più proiezioni cinematrografiche e negli ultimi anni di attività solo alcune sale erano impiegaate sporadicamente per feste o attività estive. Di fatto la struttura non risultava più adeguata agli standard normativi di sicurezza e agibiltà. Da lunedì 14 dicembre 2020 la sede della Segreteria dell’Unità pastorale Santa Maria del Cammino si trasferisce dalla canonica al complesso dell’ex Convento francescano di Cavalese. Si sono avanzate delle idee di recupero del complesso sempre in prospettiva pastorale, ma gli investimenti sono per ora virati sul recupero dell’ex convento e per una nuova sede della parrocchia. La comunità di Valle si è interessata per reperire nuovi spazi per servizi assistenziali/sociale ma al momento non ci sono progetti chiari all’orizzonte.

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    riferimenti bibliografici
    Cavalese - La storia di un borgo antico che ha maturato nei secoli i caratteri di una moderna, dinamica, lungimirante civiltà nel rispetto della propria tradizione identitaria, Enrico Cavada , Italo Giordani, Mauro Nequirito , Vanni Defrancesco, Lucia Longo Endres, Silvano Welponer ed Elio Vanzo, 2014;

    sito online, https://chiesedifiemme.org/, consultato nel giugno 2023;


    Don Albino - testimonianza orale.

  • via Colonia, Ville di Fiemme - Daiano, TN
    46.30405683120652, 11.451269729484427
    foto: Sabrina Bortolotti

    Anno di realizzazione: 1933
    Stato attuale: anni Settanta
    Proprietà attuale: pubblica - Comune di Ville di Fiemme
    Funzione/funzioni:
    Colonia - primo periodo: 1933-1944
    Fabbrica Ducati: 1944 -1949
    Colonia - secondo periodo: 1950 - anni Settanta
    Birrificio Birra di Fiemme: 2005 - 2020

    Che funzione avrà in futuro: .................................................................................................... ....................................................................................................

    Cosa sappiamo: Promossa dal dott. Angelo Nicolato, autorità illustre del regime fascista nel XII anno, la Colonia Pavese domina il paese di Daiano ed è ben visibile da tutti i paesi circostanti. Costruita secondo i dettami del Razionalismo, la struttura ne presenta tutti i tratti tipici, con un’organizzazione spaziale razionale e i luoghi caratteristici delle caserme. Le colonie montane come questa, di epoca fascista, hanno assunto negli anni diverse funzioni, spesso legate al mondo giovanile (casa/caserme con scopi terapeutici, case vacanza ecc...) dando la possibilità alle classi meno abbienti di usufruire di periodi di villeggiatura gratuiti o a costo agevolato, non rinunciando però a scopi propagandistici e paramilitari. La Colonia Pavese dal 1944 al 1949 assunse un ruolo industriale, ospitando la sede periferica della Ducati di Bologna, allora importante produttrice di strumenti meccanici, elettrici e ottici che fu, durante la seconda Guerra Mondiale, convertita ad uso militare. Pare che qui ci abbiano lavorato fino ad un massimo di 900 persone provenienti da diverse regioni italiane, divise su più turni; gli assunti presso Ducati godettero dell’esonero dal servizio al fronte. Negli anni Settanta l’azienda potè ricostruire la sede storica a Bologna, vittima di bombardamento, e concentrare la produzione su radio e motociclette: l’edificio di Daiano fu così abbandonato. In seguito la colonia tornò sotto la direzione dell’Ente delle colonie climatiche della Provincia di Pavia fino alla fine degli anni Settanta, quando venne ceduta la proprietà al Comune di Daiano e da qui avvenne il progressivo abbandono, interrotto solamente fra il 2005 e il 2020 dal parziale utilizzo della struttura da parte del Birrificio di Fiemme.

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    riferimenti bibliografici
    scheda sviluppata con la collaborazione di Damiano Iellici


    Le colonie estive dei fanciulli pavesi, articolo online, http://www.paviaedintorni.it/temi/sguardo_nel_passato/curiosita_file/COLONIE%20DEI%20PAVESI.htm, consultato nel giugno 2023;


    Ricotti Arnaldo, Scotti Umberto, Attività di ragazzi e bambini nelle colonie estive della G.I.L., Istituto Nazionale Luce, 1941, video online, https://patrimonio.archivioluce.com/luce-web/detail/IL5000094917/2/attivita-ragazzi-e-bambini-nelle-colonie-estive-della-g-i-l-1.html?startPage=0&jsonVal=%7B%22jsonVal%22:%7B%22query%22:%5B%22daiano%22%5D,%22fieldDate%22:%22dataNormal%22,%22_perPage%22:20%7D%7D

  • Loc. Pozzole, Tesero, TN
    46.3229449,11.4943163
    foto: Fondazione Stava 1985

    Anno di realizzazione: 1960/1961
    Committente: Montecatini S.p.a.
    Stato attuale: parte degli edifici usati come magazzino, parte fatiscenti
    Proprietà attuale: privata e pubblica - Provincia Autonoma di Trento (edificio più vicino alla strada)
    Funzione/funzioni: impianto di frantumazione, macinazione e flottazione al servizio della miniera di fluorite di Prestavèl

    Che funzione avrà in futuro: .................................................................................................... ....................................................................................................

    Cosa sappiamo: La prima indicazione scritta circa l’attività mineraria sul monte Prestavèl risale al 1528. La miniera veniva sfruttata in modo saltuario per la produzione di modeste quantità di galena argentifera. Lo sfruttamento industriale per l’estrazione di fluorite sul monte Prestavèl, in Valle di Fiemme, iniziò ben più tardi, nel 1934, e alla fine degli anni Cinquanta, la Società Montecatini decise di trasferirne la lavorazione, originariamente collocata nella vicina valle del rio Gambìs, alla valle di Stava nei pressi della località Pozzole. Gli amministratori di Tesero dichiararono che l’industrializzazione della zona di Stava da parte di Montecatini era di particolare importanza e interesse per tutto il paese e che essa andava appoggiata, perché destinata ad arrecare progresso sociale ed economico a tutta la zona. Oltre tre ettari e mezzo di bosco a 1420 metri s.l.m. vennero disboscati dal Comune di Tesero prima ancora che fosse perfezionata la vendita del terreno e lasciarono spazio ad un impianto industriale. La Società Trentina di Elettricità costruì una linea elettrica da Lago di Tesero a Pozzole per fornire energia agli impianti e alla miniera. Venne costruito un acquedotto con portata di 65 litri al secondo, con una presa sul rio Stava poco a valle di Pampeago, per portare all’impianto l’acqua necessaria per il trattamento mediante flottazione. Un impianto minerario di flottazione necessita infatti di molta acqua (10 metri cubi in media per tonnellata di roccia) e di un luogo dove innalzare la discarica per lo stoccaggio e la decantazione del fango residuato della lavorazione. L’innalzamento della discarica, o bacino di decantazione, prese il via nel 1961 nei prati di Pozzole, pochi metri a valle dell’impianto che era composto da una sezione frantumazione, una sezione macinazione e una sezione flottazione. Nel 1969 ad un primo bacino, che aveva raggiunto un’altezza di oltre 25 metri, si aggiunse un secondo bacino, a monte del primo. Negli anni Sessanta e Settanta lavoravano in miniera e presso gli impianti di trattamento circa 120 fra minatori, operai e tecnici. L’impianto di Prestavèl fu utilizzato da Montedison, subentrata a Montecatini nel 1967, e da Prealpi Mineraria, subentrata nella concessione mineraria nel 1980. La miniera e l’impianto sono stati chiusi dopo la catastrofe del 19 luglio 1985 quando cedette l’arginatura del bacino superiore che crollò sul bacino inferiore che a sua volta crollò. La massa fangosa composta da sabbia, limi e acqua scese a valle ad una velocità di quasi 90 chilometri orari e spazzò via persone, alberi, abitazioni e tutto quanto incontrò fino a raggiungere la confluenza con il torrente Avisio. Lungo il suo percorso la colata di fango provocò la morte di 268 persone e il ferimento di altre 20, la distruzione completa di 3 alberghi, di 53 case d’abitazione e di 6 capannoni; 8 ponti furono demoliti e 9 edifici gravemente danneggiati. La catastrofe della Val di Stava è uno fra i più gravi disastri avvenuti al mondo per il crollo di bacini di decantazione a servizio di miniere. Il procedimento penale seguito alla catastrofe si è concluso con la condanna di 10 imputati colpevoli dei reati di disastro colposo e omicidio colposo plurimo: i responsabili della costruzione e gestione del bacino superiore e i dirigenti del Distretto Minerario della Provincia Autonoma di Trento che omisero del tutto i controlli sulla discarica. Vennero condannate al risarcimento del danno per la colpa dei loro dipendenti le società che ebbero in concessione la miniera di Prestavèl nel periodo di costruzione e gestione del bacino superiore e la Provincia Autonoma di Trento. Le società facevano parte del gruppo Montedison tranne l’ultima concessionaria, Prealpi Mineraria. I terreni degli impianti e della discarica e gli edifici che ospitavano gli impianti furono accatastati nel 1992 allorché i titolari di Prealpi Mineraria cedettero gli edifici a un imprenditore del luogo prima di dichiarare fallimento. Prealpi Mineraria, dopo il fallimento, fu l’unica società a non contribuire al risarcimento del danno.

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    riferimenti bibliografici
    scheda a cura di “Fondazione Stava 1985”


    G.Lucchi, La ricostruzione e la memoria (1985-2010), Fondazione Stava 1985, Comune di Tesero, 2010 22fieldDate%22:%22dataNormal%22,%22_perPage%22:20%7D%7D

  • Gardeccia - Torri del Vajolet
    46.447844, 11.638956
    foto: Roberto Devigili - 2021

    Anno di realizzazione: anni Cinquanta
    Stato attuale: abbandonato prima del 2000
    Proprietà attuale: privato
    Funzione/funzioni: depandance del rifugio Stella Alpina, bazar

    Che funzione avrà in futuro: .................................................................................................... ....................................................................................................

    Cosa sappiamo: Costruito negli anni Cinquanta ai piedi della parete est del Catinaccio, è nato come depandance del rifugio Stella Alpina: ai piani superiori c’erano alcune camere, al piano terra un piccolo alimentari, frutta, verdura. In quegli anni la strada era aperta e arrivava molta gente anche per campeggiare. Il vecchio padrone vendette ad un impresario di Trento il rifugio e la depandance separatamente. Il rifugio è ad oggi in grande attività mentre il bazar versa in stato di abbandono.

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    riferimenti bibliografici:
    Marco Desilvestro, intervista, testimonianza orale

  • Strèda de Rotic, Mazzin, TN
    46.461165, 11.706533
    foto: Gilberto Bonani

    Anno di realizzazione: 1972-1976
    Progettista: Loris Macci, Piero Paoli, Bianca Ballestrero, Anna Grazia Corradini e Giorgio Pedrotti
    Committente: Fassalaurina SPA
    Stato attuale: semiabbandonato - all’asta
    Proprietà attuale: multiproprietà
    Funzione/funzioni: complesso residenziale e alberghiero (con una piccola parte di terziario)

    Che funzione avrà in futuro: .................................................................................................... ....................................................................................................

    Cosa sappiamo: Il centro ricettivo alberghiero Fassalaurina può essere considerato a tutti gli effetti come un vero e proprio prodotto di Scuola Fiorentina. Questo non solo perché tutti i suoi autori si sono laureati a Firenze tra la fine degli anni Cinquanta e i Sessanta, ma perché incarna al meglio quelle caratteristiche che nel tempo sono andate a definire l’essenza dell’idea di quella stessa scuola. Un intero edificio costituito da 62 unità abitative, locali accessori comuni e garage, organizzato in sei piani fuori terra e due interrati. Attualmente è inagibile ed è andato all’asta a giugno 2023 (asta per ottobre 2023). Si aggiunge un terreno circostante di 4571 metri quadri in parte a verde e in parte adibito a strada e piazzale. Si tratta dell’asta più imponente registrata in Valle di Fassa che coinvolge una struttura residenziale turistica di circa 300 proprietari sparsi in tutta Italia. L’edificio fa parte del grande complesso residenziale “Solaria”. Si tratta di un intero paese di cemento armato in cui si si trova anche un albergo di 125 camere e almeno altre 250 proprietà, numerose in vendita. Il progetto edilizio originario, denominato “Fassalaurina”, nacque tra la fine degli anni Sessanta e inizio anni Settanta sulla scia di un modello di sviluppo che allora andava per la maggiore in molte zone dell’arco alpino. L’esempio guida erano i complessi residenziali presenti nelle stazioni alpine sulle montagne francesi. Su quel paradigma in Trentino furono realizzati Marilleva (Val di Sole) e Fassalaurina. Nel 1973 iniziano i lavori per la costruzione del maxi complesso residenziale e alberghiero con annesse strutture per attività sportiva e per intrattenimento (auditorium, ristorante, lavanderia, palestra, piscina coperta). L’operazione non fu indolore. Il complesso, poco dopo l’inaugurazione, chiuse travolto dai debiti e fallì nel 1978. Seguì un lungo iter fallimentare e processi a carico degli amministratori e dei responsabili che si conclusero definitivamente solo nel 2005. A pagare, oltre all’ambiente, furono chiamate numerose ditte artigiane che avevano concentrato i propri sforzi nella realizzazione del colosso di cemento. La proprietà passò di mano più volte. Una parte diventò una multiproprietà, cioè una soluzione che permetteva a più acquirenti di godere del diritto di abitazione di un immobile, ma non contemporaneamente. Con una modica somma si diventava proprietari di un immobile a “tempo” nel cuore della Valle di Fassa. Purtroppo la struttura necessitava però di costanti lavori di manutenzione e il peso della gestione delle consistenti parti comuni del complesso aveva un’incidenza di costo alta. Gli appartamenti poi erano molto energivori. Iniziò quindi la vendita, prima per singole unità abitative, fino ad arrivare all’attuale asta fallimentare che interessa un intero edificio costituito da 62 unità abitative.

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    riferimenti bibliografici:
    Archivi del costruire. Per una storia dell’architettura e dell’ingegneria in Trentino nel novecento, a cura di Roberta G. Arcaini, Fabio Campolongo, Crisitiana Volpi, Trento, Provincia autonoma di Trento, 2020, https://www.cultura.trentino.it/Pubblicazioni/Archivi-del-costruire-per-una-storia-dell-architettura-e-dell-ingegneria-in-Trentino-nel-Novecento

    G. K. Koenig, Centro alberghiero in Val di Fassa/Holiday centre in the Val di Fassa in L’architettura. Cronache e storia, 331, 1983, p. 337

    Fabio Fabbrizzi, Opere e progetti di Scuola Fiorentina 1968-2008, Firenze, Alinea Editrice, 2008, “Loris Macci”, p. 295

    Solaria: un progetto di Scuola Fiorentina in Val di Fassa a cura di Studio Macci & Partners, online, https://www.studiomacciarchitetti.com/news/solaria-fassalaurina/

    Gilberto Bonani - 12 gennaio 2023 - Mazzin all’asta 62 appartamenti - Giornale il T

  • Passo Lavazè, Ville di Fiemme, TN
    46.355061, 11.491790
    foto: Damiano Iellici - 2023

    Anno di realizzazione:
    Abbandonato dal: 2011
    Proprietà attuale: privato
    Funzione/funzioni: albergo

    Che funzione avrà in futuro: .................................................................................................... ....................................................................................................

    Cosa sappiamo: schedatura in corso

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    riferimenti bibliografici:

  • località Cercenà, Canazei (ma su terreno comunale di Campitello)
    46.475007, 11.766949
    foto: Gilberto Bonani

    Anno di realizzazione: inizio lavori 2002
    Progettista: architetto Enzo Soraperra
    Costruttore: Valeron srl
    Committente: Valeron srl
    Abbandonato dal: incompiuto
    Proprietà attuale: privato
    Funzione/funzioni: albergo

    Che funzione avrà in futuro: .................................................................................................... ....................................................................................................

    Cosa sappiamo: La vicenda dell’albergo in costruzione - conosciuto come “la piramide”- iniziò nel 2000 quando Enzo Soraperra, architetto molto noto a Canazei, volle realizzare su un terreno di proprietà un hotel quattro stelle: 98 camere da letto con ampie vetrate sulle Dolomiti. Il progetto, basato su una struttura portante in acciaio zincato, caratteristica del tutto nuova nella tipologia costruttiva di valle, trovò l’assenso dell’allora commissione comprensoriale per la tutela del paesaggio e il cantiere partì velocemente ma la realizzazione della «berlinese» (struttura in micro pali e tiranti in acciaio) per sostenere il fronte di scavo per i due piani interrati richiese più tempo del previsto. I problemi più seri però furono di natura economica. Il cantiere era stato inizialmente finanziato dalla Banca Popolare del Trentino, acquisita nel 2003 dalla Popolare di Lodi e successivamente ceduta al Banco Popolare di Verona e Novara. Il nuovo istituto di credito non credette al progetto della società Valeron e sospese il finanziamento. Il cantiere si fermò nel 2007 ma l’architetto proseguì nella ricerca di nuove banche finanziatrici, senza però riuscire a trovare una soluzione. La crisi finanziaria dell’autunno 2008 fu il colpo di grazia. La ditta Valeron srl viene dichiarata fallita. Il cantiere, dal valore stimato (allora) in otto milioni, si fermò. La gru (ora smantellata) ha dominato per lungo tempo su un paesaggio in lento degrado. Con il passare degli anni cresce l’insofferenza dei cittadini e turisti, che invocano l’abbattimento della costruzione. Nel 2020 sono stati eseguiti dei lavori di adeguamento dell’edificio che prevede un ridimensionamento del progetto originario, grazie ad un accordo tra amministrazione e curatore fallimentare, sperando che questo permetta di sbloccare la situazione. Dopo vari tentativi di vendita andati deserti, pare che oggi la proprietà sia passata ad un fondo internazionale, che si prenderà l’incarico di ridare vita al progetto.

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    riferimenti bibliografici:
    servizio RAI del luglio 2020: https://www.rai.it/dl/rai24/assets/template/iframe.html?/dl/rai24/tgr/trail/video/2020/07/tra-piramida-Valeron-soluziun-Ciampedel-ecomostro-Cianacei-Ciamepel-faliment-ffb681ce-69f6-4d56-9246-2ea217df166c.html?autoplay=false&info=false


    Gilberto Bonani - 6 gennaio 2023 - La piramide venduta ai russi - Giornale il T

#sulleTRACCEdegliABBANDONATI

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